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La stupida tendenza ad argomentare (senza approfondire) per schieramenti contrapposti, la politica di scoraggiamento arditamente orchestrata, ora contro l’uno ora contro l’altro gruppo, è una “metodologia” tipicamente nostrana.

Pensiamo, per esempio, alla diatriba vaccinati/non vaccinati, sulla quale l’uso di una lingua corrottissima ha rovesciato addosso tutto un ecosistema comunicativo altamente deteriorato e, di fatto, antidemocratico. Questo atteggiamento relativizza qualunque argomento, rende banale qualsiasi ragionamento, e la ricerca della verità, nella sua naturale conquista, cede all’istinto di estrema antipatia nei confronti di chi la sua libertà la ricerca per mezzo del ragionamento e la traduce con il coraggio dell’espressione.

Dalla incredibile polemica sull’obbligo vaccinale (per fortuna, obbligo) alla guerra in Ucraina, si assiste oggi ad una prassi pericolosamente consolidata che diffonde una nuova grammatica del pensiero costruita sulle parole non più libere, sulla diffusione di idee senza parole, legate alle implicazioni complesse del presente, una specie di trasmigrazione delle parole, verso un “regime” illiberale. Una informazione, quella attuale, caratterizzata dalla propaganda, dalla (scadente) retorica, manipolata, orientata alle viscere di una umanità in crisi, il cui spazio dialettico è continuamente minacciato dalla miopia di una convenienza immediata, svuotata di sensibilità. La nuova questione della lingua incarna il desiderio di disgregazione, fino ad offuscare i confini tra il suo buon uso e il suo scorretto uso.

Una informazione non più conforme alla realtà, nella quale l’abuso della falsa notizia, utilizzata anche a sproposito, è il pane quotidiano di opinionisti, commentatori, politici, dell’amico della porta accanto, dell’insegnante. Si spaccia per buona la bufala generando un autentico caos informativo.

La mancata verifica della notizia, la propaganda giornalistica, l’assenza di trasparenza, rappresentano una evidente minaccia per la democrazia. Sono scomparse l’etica, le qualità professionali: spopolano invece le dichiarazioni ingannevoli, la rodata tecnica delle foto decontestualizzate, e non è raro che si studino a tavolino appositi errori giornalistici. I terroristi della cattiva informazione probabilmente muovono le dinamiche del caos informativo per rispondere a precisi obiettivi economici e propagandistici.

Il ritorno ad un buon giornalismo è auspicabile, urgente, in un clima complicato quale quello odierno, per niente accurato, trasparente, di qualità. Ricercare la verità è un dovere (e un piacere) del cronista, educare i cittadini alla verità dei fatti, è un dovere (e un piacere) del cronista, l’investigazione della notizia, è un dovere (e un piacere) del cronista. Dobbiamo ripristinare il circuito della curiosità, lo spirito di approfondimento.  L’articolo 11 della Costituzione italiana afferma: «Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera».

© Sintesi Dialettica – riproduzione riservata

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