Siamo abituati a leggere biografie, romanzi, saggi. Abbiamo bisogno di un filo che ci conduca da un inizio a una fine, anche nei ragionamenti. Questo libro non rientra con precisione in nessuno di questi generi, eppure, nella sua estrema asciuttezza, coinvolge più di molti pamphlet in cui spesso la narrazione assume toni letterari drammatici.
La voce degli articoli e dei post raccolti in questo volume è quella di Daphne Caruana Galizia, giornalista maltese che ha pagato con la propria vita l’aver indagato e denunciato per anni l’ipocrisia e la corruzione nel proprio paese ad opera del partito laburista, spinta da quella che i tedeschi chiamano Fremdschämen ovvero la profonda vergogna per qualcosa che altri hanno commesso. «Se Esopo avesse scritto una favola su questa situazione, la morale della storia sarebbe stata: quando qualcuno dà fuoco alla vostra sede con voi dentro, non fidatevi mai più di lui». (p. 241)

Per trent’anni da un tavolo di cucina – era quello il suo studio – ha investigato e tracciato con determinazione e rigore il profilo di un’isola il cui destino a seguito dell’indipendenza dal Regno Unito avvenuta nel 1964 avrebbe desiderato diverso. Isola bilingue, contraddittoria, avvelenata dalla mancanza di libertà di espressione, dal riciclaggio di denaro, narcotraffico, commercio dei passaporti a fini illeciti, progetti energetici e interessi che si sono serviti negli anni dei finanziamenti europei per creare reti di potere personali. Nella totale impunità.
Gli scritti, raccolti e curati con sapienza dai tre figli dopo la morte della madre, sono quelli apparsi tra il 1991 e il 2017 sul Malta Independent, il Sunday Times of Malta e sul suo blog, il Running Commentary, una piattaforma WordPress sulla quale iniziò a scrivere nel 2008 con un post intitolato “Zero Tolerance for Corruption” e che negli anni è arrivata ad avere un pubblico equivalente a quello di tutti i giornali di Malta messi insieme (secondo Politico Europe, nel 2016 poteva arrivare a 400 mila visite in un giorno).
Se è vero che il valore – e il giudizio – delle notizie resta legato in maniera indefettibile alle vicende che le hanno rese pubbliche, ognuno di questi articoli è costato qualcosa alla sua autrice: intimidazioni, diffamazione, pace e sicurezza familiare, la vita dei suoi cani, integrità psicologica. Questo ha il potere di cristallizzare il suo sacrificio e di attualizzarlo nella lotta contro le corruzioni che ci circondano e ci fanno vacillare; tutte le corruzioni. La vicenda dei Panama Papers con cui si apre il libro è forse la più nota. La creazione di società fittizie nei paradisi fiscali da parte di uomini d’affari e membri del governo maltese di Joseph Muscat per riciclare denaro intrecciando Malta a Panama, Nuova Zelanda, Emirati Arabi e Cina, è descritta con precisione e sdegno, tuttavia non si può fare a meno di cogliere una sensazione di consapevolezza di quanto le sue parole fossero disarmate rispetto a ciò che le si parava davanti.
Polvere di “irreparabile” che poteva essere smossa controluce, dunque almeno resa visibile.
Anche la pubblicazione di mail private ricevute dal capo della società che si occupava di vendere passaporti maltesi a oligarchi russi e individui mediorientali conferma questa sensazione, per il linguaggio quasi da avvocato utilizzato per difendersi dalle intimazioni: «Come ho già ribadito ai vostri legali di Londra, intimarmi di rimuovere un articolo semplicemente sostenendo che sia diffamatorio non è sufficiente. Devono anche spiegare per quale motivo sarebbe diffamatorio, indicando l’affermazione precisa invece di avanzare una richiesta generalizzata, dopodiché io devo concordare sul fatto che si tratti davvero di una calunnia». (p. 73)
Gli articoli dedicati ai migranti e alla misoginia sono l’altra parte del suo giornalismo d’inchiesta. Se quello finanziario è il nero dello yin, questo è il suo yang; il bianco del racconto, le descrizioni delle persone, i loro stati d’animo, la realtà delle storie che colpisce e affonda, seppur con delicatezza e sensibilità.
Nel 1607 Caravaggio, in fuga da Roma per l’accusa di aver ucciso un uomo, fu accolto dai Cavalieri di Malta; un’indulgenza in cambio di due dipinti. Questo antico e sedimentato senso di corruttibilità è ciò che Daphne Caruana Galizia più ha voluto opporre e rendere evidente ai suoi concittadini e a chi ha deciso di ucciderla, mentre andava in banca con la sua macchina, il 16 ottobre 2017.
Daphne Caruana Galizia, Di’ la verità anche se la tua voce trema, Bompiani, pp. 400, Milano 2019, euro 18.
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