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Il saggio di Bobbio è centrale per la formazione di una coscienza votata alla pace, che sia fondata su una base filosofica rigorosa. L’autore analizza le possibilità e i limiti di un itinerario che possa scongiurare la nefasta prospettiva della guerra atomica.

Il problema della guerra e le vie della pace di Norberto Bobbio è un caposaldo della filosofia politica contemporanea. Il saggio è diviso in quattro parti (“Il problema della guerra e le vie della pace”, “Diritto e guerra”, “L’idea della pace e il pacifismo” e “La non violenza è un’alternativa?”) e prende avvio dall’esigenza del filosofo di razionalizzare la guerra alla luce dei nuovi sistemi di armamento atomici, i quali non garantiscono, come si riteneva durante la guerra fredda, di stabilità (per via della loro deterrenza), ma piuttosto un ulteriore elemento destabilizzante e di rischio per l’umanità: “Il carattere di un equilibrio fondato esclusivamente sul terrore reciproco è la sua precarietà (…) L’errore dei terroristi è di affidarsi non già al terrore ma al suo equilibrio, cioè ad una situazione di cui non si può prevedere né la durata né la continuità e che, comunque, va rapidamente scomparendo” (p. 52).

La guerra non è un fatto inevitabile, come sostiene gran parte della filosofia della storia la quale, secondo Bobbio , ha fondato se stessa sul tentativo di razionalizzare il conflitto: “La guerra è sempre stata uno dei temi obbligati e prediletti di ogni filosofia della storia, per i caratteri della terribilità e della fatalità, che sembrano o sono quasi sempre sembrati ad essa inerenti” (p. 31). Per Bobbio , invece, la guerra non è un fatto inevitabile, in primo luogo perché essa è un fenomeno eminentemente contingente, in secondo luogo perché la storia stessa mostra i segni delle alternative: “Molte guerre che avrebbero potuto esserci non ci sono state, perché sono state soffocate prima che scoppiassero. La storia c’insegna tanto che gli uomini hanno fatto guerre quanto che non le hanno fatte: la guerra è un evento non necessario, ma possibile” (p. 49). Questo è uno dei punti più rimarchevoli della filosofia della pace di Bobbio perché elimina ogni possibile motivazione della guerra all’interno della necessità nomologica o fisico-causale del mondo. In nessun senso la guerra può o deve essere intesa come una necessità.

Il filosofo sostiene che la via della guerra è una strada bloccata, sia perché è iniqua, sia perché chiude ogni altra strada percorribile. Egli, però, rimane molto cauto sulle possibilità della pace . Per quanto la guerra sia ingiusta e non sia inevitabile, rimane il fatto che la possibilità di fondare una pace perpetua è scarsa e spesso sono assai discutibili le argomentazioni che vorrebbero realizzarla. Il problema non è, per Bobbio , solo mostrare come esistano possibilità per la pace, ma, nella sua prospettiva, come esista una via per la salvezza dell’umanità, laddove una guerra nucleare determinerebbe ipso facto la scomparsa della razza umana.

Bobbio individua queste vie: pacifismo strumentale (eliminazione degli strumenti della guerra), pacifismo istituzionale (riforma del diritto o del sistema culturale di uno stato), pacifismo finalistico (eliminazione della guerra come scopo plausibile). Esse si presentano affette dal problema della relazione tra efficacia e realizzabilità: “Rispetto alle vie della pace il fatto che si dispongano in ordine progressivo quanto alla complessità e alla profondità, implica che si dispongono in ordine inverso quanto all’attuabilità e all’efficacia: la via più attuabile è anche quella meno efficace e viceversa” (p. 91).

Tali vie sono difficili, anguste, talvolta impraticabili, ma questo, secondo Bobbio, non dive spingerci a rigettarle.

N. Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna, 1979, pp. 163, euro 12,00.

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