“L’arte della guerra” di Sun Tzu – testo fondamentale del pensiero cinese – ha avuto ampio seguito nella cultura occidentale in diversi ambiti. La presente analisi intende fornire una chiarificazione testuale sufficiente a fornire il quadro concettuale della visione di Sun Tzu.
L’arte della guerra è un testo dall’origine controversa. Non si conosce con certezza nulla della figura dell’autore, Sun Tzu, tanto che gli studiosi divergono sulla stessa sua stessa identità. Si sostiene che egli sia stato un generale (Sun Wu), vissuto nel periodo delle Primavere e degli Autunni (IV secolo a.C.), ma è presente anche una seconda ipotesi secondo la quale Sun Tzu sia autore del pensiero orale a cui è stata data una forma scritta solo successivamente da un gruppo di suoi discepoli. Il testo compare nella biblioteca imperiale del I secolo a.C., insieme ad un buon numero di altre opere dello stesso genere. Sull’identità di Sun Tzu non si conosce con precisione nient’altro e la sua opera è il frutto di una rielaborazione e codificazione a lui successiva, a partire da una precedente tradizione orale.
La ricostruzione attuale e canonica del testo ha avuto una gestazione complessa, a cui sono state apportate alcune modifiche in base alla recente scoperta – nel 1972 nella Cina settentrionale – di un testo antecedente alle versioni precedentemente impiegate. Il titolo originale è Ping-Fa, il cui significato in cinese è molto più ampio rispetto a quello originale in italiano. Da ora in poi utilizzeremo indifferentemente Ping-Fa e L’arte della guerra come termini per la medesima denotazione.
L’arte della guerra è un testo rivolto principalmente a due figure precise: il sovrano della nazione e il generale. Sebbene ciò sia corretto, L’arte della guerra è un testo principalmente indirizzato alla seconda delle due figure di riferimento, laddove Sun Tzu si prefigge come obiettivo principale quello di istruire, formare il generale. Le parti rivolte al sovrano sono relativamente esigue (a parte il capitolo 1) e si limitano a fornire istruzioni per selezionare il generale virtuoso.
Il generale “rappresenta la conoscenza, la fedeltà, il coraggio e la severità” (1) e se non conosce i cinque fattori alla base dell’arte militare (il Tao, il cielo, la terra, il generale, il metodo) non può svolgere adeguatamente il suo compito: “Riguardo a questi cinque fattori, nessun generale non ne ha mai sentito parlare. Colui che li conosce bene sarà vittorioso. Colui che non li conosce sarà sconfitto”. (2)
Il principale obiettivo del sovrano dovrà essere quello di saper riconoscere il generale virtuoso, le cui virtù si possono misurare in base alle sue competenze, evidenziabili dalla verifica della conoscenza dei precetti presenti ne L’arte della guerra: “Se impieghi un generale che segue le mie valutazioni, egli sarà sicuramente vittorioso. Fallo rimanere. Se impieghi un generale che non segue le mie valutazioni sarà sicuramente sconfitto. Allontanalo”. (3) Il generale è sotto valutazione del sovrano, il quale ha il compito di trovarne uno che faccia il bene della nazione: “E così, egli avanza senza cercare fama. Si ritira senza temere la vergogna, cercando solo di risparmiare i suoi uomini e di procurare il massimo vantaggio al suo sovrano. Egli è il tesoro della Nazione”, (4) così vien detto nel capitolo 10 e ancora così nel terzo: “Ora, il generale è la salvaguardia dello Stato. Se la salvaguardia è completa, lo Stato sarà indubbiamente più forte. Se la salvaguardia è incompleta, lo Stato sarà sicuramente debole”. (5)
Non ci sono precetti per i soldati né per l’insieme degli uomini coinvolti in una condizione di guerra, non vengono riportate istruzioni per le varie tipologie di unità militari né per la manovalanza specializzata, i corrieri, il personale adibito al vettovagliamento etc.
Lo scopo del Ping-Fa è quello di istruire il generale ed è principalmente ad esso rivolto. A differenza di altri testi dedicati alle dinamiche del conflitto in generale e dello scontro armato in particolare, come La lotta di Emanuel Lasker o come Della guerra di Carl Von Clausewitz, il Ping-Fa è un testo che non traccia alcun parallelismo con altre attività che vedono scontri tra interessi (economia, politica, giochi etc.): esso è dedicato esclusivamente alle questioni militari.
Il testo è strutturato in tredici capitoli: il primo tratta delle valutazioni strategiche ed è l’unico rivolto principalmente al sovrano; il secondo tratta delle operazioni belliche; il terzo della strategia di attacco; il quarto della forma; il quinto del concetto fondamentale dello Shih; il sesto del pieno e del vuoto; il settimo dello scontro armato; l’ottavo delle nove trasformazioni; il nono delle manovre; il decimo delle forme del terreno; l’undicesimo dei nove terreni; il dodicesimo dell’attacco col fuoco e il tredicesimo dello spionaggio.
Già da questa indicizzazione tematica si possono cogliere almeno tre fatti rilevanti: la centralità della conoscenza generale delle condizioni di guerra (territori, forma, tipologie di attacco); l’importanza della conoscenza dei terreni e l’importanza della conoscenza delle informazioni in condizioni di incertezza (la forma, lo spionaggio). Ma da questa indicizzazione, che riprende la struttura stessa del testo e della sua organizzazione canonica, emerge immediatamente un’altra proprietà fondamentale del Ping-Fa: la sis tematicaasistematicità.
L’arte della guerra non è un testo organico, almeno per quello che un lettore occidentale potrebbe aspettarsi. Ciò è dimostrato da tre ragioni fondamentali. Taluni capitoli, infatti, tornano sullo stesso argomento, dunque le unità non esauriscono in sé stesse un preciso argomento: i capitoli 3, 7 e 12 trattano tutti delle strategie di attacco; i capitoli 4 e 6 (e, parzialmente, il primo e il quinto) trattano della ‘forma’; i capitoli 10 e 11 parlano delle forme del terreno.
In molti punti, all’interno degli stessi capitoli del Ping-Fa, si osserva inoltre una costante reiterazione di argomenti già trattati, in modo del tutto identico o almeno parzialmente. Ad esempio, al principio del tredicesimo capitolo, che tratta della figura della spia, si dice: “In breve, richiamare alle armi centomila soldati e iniziare una campagna lunga mille li richiede un costo di mille monete d’oro al giorno, il quale ricadrà sui cento clan e sulle risorse del paese. Sia in patria sia all’estero ci saranno tumulti. Le persone esauste si riverseranno per le strade. E come minimo settecentomila famiglie non riusciranno più a occuparsi del loro lavoro”. (6) E, nel secondo capitolo: “Quando le ricchezze si esauriscono, il popolo è immancabilmente oppresso da pesanti tassazioni. E con questa perdita di sostanze e ricchezze nel cuore stesso del paese, le famiglie impoveriscono, i sei decimi delle risorse delle famiglie nobili vanno in fumo. E per quanto riguarda le risorse della famiglia regnante (…) I sette decimi sono già svaniti”. (7) Il lettore si imbatte continuamente in questo genere di reiterazioni.
Infine, in molti capitoli non solo si va fuori tema, ma tanto l’argomento principale che il tema della digressione ritornano nuovamente in altri capitoli.
Sun Tzu non adotta una forma argomentativa simile ai classici della filosofia o della conoscenza occidentale: non è assimilabile ad Euclide, perché non fornisce né assiomi né teoremi o, quanto meno, non con una chiara distinzione formale tra i due. Non è avvicinabile a Platone sia perché non argomenta le sue tesi, sia perché la struttura del Ping-Fa non è dialogica; ma neppure ad Aristotele, giacché la forma stessa della trattazione non è di stampo formalmente argomentativo. Neppure si trovano facilmente esempi simili in altri autori più recenti, sia per quanto riguarda la scienza militare (Clausewitz, Liddell Hart) che la filosofia che ha trattato argomenti affini (Hobbes, Locke, Kant, Hegel, Lasker) o discipline ad argomentazione vicina alle questioni trattate nel Ping-Fa (teoria dei giochi, etc.).
Lo stile dell’opera, conciso e aforismatico, non sembra in alcun modo suggerire una qualche unità di genere formale strutturale o puntuale. L’unità de L’arte della guerra è di natura concettuale e finale di livello molto astratto: la trattazione è sempre indirizzata alle medesime figure (sovrano e generale) mantenendo sempre gli stessi elementi concettuali (Tao, Shih, la forma, il generale, la conoscenza).
Lo scopo della guerra non è vincere cento battaglie ma conquistare intero e intatto il nemico: “Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore. Un risultato superiore consiste nel catturare intero e intatto un esercito. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore. (…) Perciò, ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità. Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità”. (8) Un abile generale deve seguire questa norma fondamentale nell’organizzazione della propria campagna militare e ciò è evidenziato dal fatto che quanto è appena stato citato si trova al principio del terzo capitolo, il cui titolo è “Strategia di attacco” al cui inizio si dice esplicitamente: “In breve, questo è il metodo per organizzare le operazioni militari (…) Un risultato superiore…”. (9)
I mezzi per raggiungere lo scopo sono principalmente tre: la conoscenza degli elementi fondamentali della guerra, la conoscenza di sé e del nemico e la conoscenza del territorio: “E così, nelle operazioni militari: se conosci il nemico e te stesso, nemmeno in cento battaglie ti troverai in pericolo. Se non conosci il nemico ma conosci te stesso, le tue possibilità di vittoria sono pari a quelle di sconfitta. Se non conosci né il nemico né te stesso ogni battaglia sarà per te una sconfitta”. (10)
Le competenze del generale devono prevedere la conoscenza dei cinque elementi alla base della guerra: “E così bisogna considerarle [le operazioni militari] tenendo presente cinque fattori, valutare per mezzo di comparazioni per capire la sua vera natura. Il primo fattore è il Tao, il secondo è il cielo, il terzo è la terra, il quarto è il generale, il quinto è il metodo”. (11) Le definizioni dei singoli elementi sono tutte fornite direttamente da Sun Tzu: “Il Tao è ciò che induce il popolo a condividere lo stesso obiettivo del governante”. (12) Il cielo è in generale il tempo, sia inteso secondo la successione diacronica che sincronica degli eventi (il susseguirsi delle stagioni, l’alternarsi dei principi dello yin e yang, il trascorrere del tempo lineare), sicché il tempo è concepito secondo due diverse linee: circolare e lineare. La terra riguarda la conoscenza di una regione e la conoscenza delle varie tipologie di terreno, a cui Sun Tzu dedica due capitoli per la loro descrizione e interpretazione in chiave militare: egli fornisce una disamina della natura di una regione col fine di tradurre tale conoscenza in utilità pratica, perché una conoscenza che non possa tradursi in utilità materiale o strategica è inutile al fine dell’attività militare.
Sun Tzu distingue diverse categorie di ‘metodi’: metodi per conoscere le circostanze, metodi per organizzare la strategia militare, metodi per la selezione del generale, metodi per l’organizzazione delle forze militari. La conoscenza delle circostanze si fonda sulla conoscenza della forma e della natura dei terreni, del cielo, del nemico e di se stessi. La conoscenza per l’organizzazione della strategia prevede l’assunzione dello scopo finale, già definito in precedenza. Il metodo per organizzare le forze si fonda sulla seguente considerazione: “Non c’è differenza tra gestire un grande esercito e gestirne uno piccolo. Si tratta comunque di organizzare e contare. Non c’è differenza tra combattere contro un grande esercito e contro uno piccolo. Si tratta comunque di forme e segni. Si possono organizzare le tre armate in modo che lo scontro contro ogni nemico non porti sconfitta. Si tratta di metodi straordinari e ortodossi”. (13) Il metodo dello straordinario e dell’ortodosso applica regole precostituite all’organizzazione della forza e regole inusuali per farle meglio aderire alle circostanze.
Sun Tzu ribadisce in vari punti la natura cangiante e contingente della guerra, sicché, per determinarne la giusta strategia, non si può fare a meno di adeguarsi alle circostanze per sfruttarle nel modo migliore. Questo principio è generale, vale per il momento di dare battaglia (non conoscibile a priori), vale per le tipologie del terreno e vale per la conoscenza del nemico.
Per massimizzare l’utilità (conquistare intero e intatto un nemico, capitolo 3), per determinare il massimo risultato nell’unità di tempo (ancora capitolo 3) e per disperdere meno energie possibile (capitolo 2 e capitolo3) bisogna seguire lo shih (capitolo 5): “La furia dell’acqua nel punto in cui trascina e ammassa le pietre: questo è lo shih”. (14) E subito dopo: “Il falco in picchiata, nel momento in cui ghermisce mortalmente la preda: questo è il nodo di bambù”. (15) Lo shih è un concetto complesso, riconducibile all’idea che esista un preciso momento in cui bisogna rilasciare una forza che si è precedentemente compressa in modo da colpire il punto di maggiore debolezza del nemico. Lo shih dipende dalla forma e dalla conoscenza globale della situazione, cioè attiene alla proprietà generale dell’organizzazione della forza perché sembra essere una proprietà conoscibile e accessibile esclusivamente al generale: “E così, chi è abile in battaglia ricerca l’abilità nello shih e non la pretende dalle truppe. Così si possono ripartire i compiti tra le truppe e ci si affida allo shih”. (16) La ricerca dello shih è necessaria per conseguire i risultati definiti in precedenza, il che è dimostrabile attraverso negazione: aspettare inutilmente significa disperdere energie, avere una forma inadeguata significa avere debolezze, minimizzare le forze significa dissiparle.
Sun Tzu chiude così il quinto capitolo: “Colui che segue lo shih impiega le truppe in battaglia come se fossero tronchi d’albero, e rocce rotolanti. Riguardo alla natura dei tronchi d’albero e delle rocce quando sono su un terreno pianeggiante, sono statici. Quando vengono agitati, si mettono in moto. Quando sono quadrati restano immobili. Quando sono rotondi si muovono. Così, lo shih dell’abile condottiero, che si appresta a condurre un esercito in battaglia, è paragonabile al far rotolare rocce rotonde da una montagna alta mille jen. Questo è lo shih”. (17)
L’ultimo capitolo è dedicato alle spie, agenti del generale che hanno due importanti funzioni: reperire informazioni e rilasciarne di false: “Lo spionaggio è essenziale nelle operazioni militari” (18); e ancora: “per quanto riguarda i rapporti tra il generale e le tre armate, nessun rapporto è più intimo di quello intrattenuto con una spia. Nessuna ricompensa è più generosa di quella che merita una spia. Nessun affare è più segreto di quello di una spia. Se non si è saggi, non si possono utilizzare le spie. Se non si è umani, non si può persuadere una spia a servirti”. (19)
Da un lato Sun Tzu sottolinea l’importanza di reperire informazioni sul nemico. Da un altro egli indica nel depistaggio del nemico una condizione necessaria (e non sufficiente) per determinare la vittoria.
Il tema dell’ingannare il nemico, e non esserne ingannato, è uno dei più ricorrenti in tutto il Ping-Fa, ma ciò è già indirettamente emerso dall’idea che, se si conosce se stessi e il nemico, ogni vittoria sarà totale: “L’invincibilità dipende da noi. La vulnerabilità dipende dai suoi sbagli”. (20) Sun Tzu ribadisce infatti l’idea che sia indispensabile ‘rendersi invisibili’ di fronte al nemico: “Coloro che nel passato eccellevano nella difensiva, sapevano nascondersi sotto le nove terre e muoversi rapidamente sopra i nove cieli, in modo da preservare le loro forze e ottenere una vittoria completa”. (21) Ma rendersi invisibili non basta. Bisogna in tutti i modi cercare di portare al nemico idee erronee, cercare di condurlo laddove sarà costretto ad andare: “Chi è abile nel manovrare il nemico lo costringe a una forma che il nemico dovrà seguire, gli presenta condizioni che il nemico dovrà accettare, lancia l’esca e lo attende in agguato con le truppe”. (22) Gran parte del warfare si gioca sulle informazioni, sulle conoscenze di sé, del nemico e del territorio, del cielo e del Tao, secondo la visione di Sun Tzu, per questo gran parte del Ping-Fa si impernia sull’analisi epistemologica della guerra, almeno in questo senso generale di ‘epistemologia’.
In definitiva, la visione di Sun Tzu suggerisce l’idea che la conoscenza sia l’elemento fondamentale nelle cose militari, per quanto diversificata essa possa essere, e in definitiva essa non è condizione sufficiente, per quanto necessaria, a conseguire la vittoria totale, a cui si perviene solamente con l’uso dello shih, vale a dire, con l’impiego della forza nel momento e nello spazio esatto.
Bibligrafia
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Note
1) Ivi, p. 6.
2) Sun Tzu, L’arte della guerra, Mondadori, Milano 2003, p. 6.
3) Ivi, p. 6.
4) Ivi, p. 44.
5) Ivi, p. 14.
6) Ivi, p. 59.
7) Ivi, p. 10.
8) Ivi, pp. 12-13.
9) Ivi, p. 12.
10) Ivi, p. 15.
11) Ivi, p. 5.
12) Ivi, p. 5.
13) Ivi, p. 19.
14) Ivi, p. 20.
15) Ivi, p. 21.
16) Ivi, p. 21.
17) Ivi, p. 22.
18) Ivi, p. 62.
19) Ivi, p. 60.
20) Ivi, p. 16.
21) Ivi, p. 17.
22) Ivi, p. 21.
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