Come costruiamo l’immagine che mostriamo agli altri? Lo facciamo consapevolmente?
Se ci guardiamo attorno, l’apparire è diventato un bisogno primario come bere o mangiare.
Si crea, soprattutto nei social, un’immagine per mostrarsi secondo lo status al quale si ambisce appartenere ed il modo in cui vogliamo essere giudicati.
Per costruire questa maschera si tende a emulare personaggi che ci tartassano con immagini e video che evidenziano le loro presunte “vite fantastiche” e i loro (notare le virgolette) “aspetti perfetti”.
Poi: chi, almeno una volta al giorno, non si imbatte nel “coach” di Instagram che si è fatto da solo o in chi dispensa consigli medici sulle diete quando a mala pena azzecca un congiuntivo, o in chi sfoggia una devozione sacrale verso il fitness, e ci svela il segreto per mantenersi in forma? Solo fiumi di chiacchiere e retorica. Nulla (o molto poco) di reale.
Un umile consiglio: vestendo i panni di altri non si può che apparire ridicoli.
Qual è il prezzo che paghiamo per falsare la nostra identità? Si diventa tutti uguali, conformandosi e perdendo se stessi, la propria autenticità e bellezza. Leopardi con questa frase invita a riflettere sul valore dell’essere invece che in quello dell’apparire (senza essere) e a riscoprire la bellezza dell’essere autentici.
Che cosa accade quando cadono le maschere e si dissolvono le illusioni? Il nulla. Vi chiedo: ha ragione Leopardi?
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