Pare proprio che al di là delle Alpi, in terra di Francia, fin dai tempi di Giovanna d’Arco sia quasi sempre accaduto qualcosa di eclatante, quasi che la sorte politica di quel Paese sia di essere il teatro di fatti epocali cruciali per tutte le altre realtà politiche europee. Se ciò è ovvio per la grande rivoluzione del 1789, in qualche misura è attendibile anche per l’età contemporanea. Un esempio a riguardo può essere quello del montante fenomeno politico che risponde al nome di Eric Zemmour, un signore oltre la sessantina, di origine berbero-algerina, con trascorsi giornalistici a Le Figaro, che mostra (involontariamente) una certa somiglianza con il compianto Charles Aznavour. Ma Zemmour non è un grande chansonnier, bensì il capo di un movimento (che dovrebbe diventare partito con la sua candidatura ufficiale all’Eliseo prevista per l’11 novembre) di estrema destra la cui ascesa si spiega – anche e forse soprattutto – con un’efficace strategia mediatica messa in campo negli ultimi anni.
Si dà il caso che l’emittente televisiva CNews sia in effetti la chiave per spiegare il «fenomeno Zemmour». Nata nel 2017 da un’epurazione della redazione giornalistica dell’emittente i-Telè (ribattezzata poi CNews) operata dal patron Bollorè (noto in Italia per vicende giudiziarie di aggiotaggio nella scalata al gruppo Mediaset), questa televisione è diventata la risposta liberista al polo dell’informazione francese collocato a sinistra, con la particolarità di mostrare una scrupolosa attenzione a temi come la sicurezza, l’immigrazione e l’islamofobia. Ed è in virtù di questo nuovo assetto organizzativo che Zemmour ha potuto esprimere con incisività la sua vis polemica, facendo coppia con il virulento Pascal Praud, ex commentatore calcistico e fautore di trasmissioni urlate, dove accuratamente non si alza un dito per evitare le risse fra gli ospiti.
I risultati di questa scelta editoriale hanno poi premiato CNews: raddoppiato il pubblico in quattro anni; secondo posto tra i quattro canali francesi d’informazione. Insomma, si è di fronte ad un caso che conferma l’effetto amplificante della televisione votata al populismo estremistico, xenofobo e urlato, proprio perché replica il fortunato modello mediatico di Fox News, canale televisivo statunitense di Rupert Murdoch che ha supportato l’ex presidente Trump e molte istanze della destra americana. In Italia, un caso analogo che vale la pena ricordare e che ebbe dimensioni di “provincia” – ma con una certa eco nazionale – è stato quello dell’ex deputato tarantino di estrema destra, nonché ex sindaco della sua città, Giancarlo Cito che attraverso il canale televisivo locale Antenna Taranto 6 emulò la strategia di consenso del più determinante Silvio Berlusconi, all’epoca della sua prima esperienza come capo di governo nei primi anni Novanta.
Ma non è tutto. Il consenso crescente intorno a Zemmour pone l’accento sull’interessante competizione politica che si sta consumando per intero nel perimetro della destra francese, poiché la stessa Marine Le Pen e il suo Fronte nazionale stanno subendo un’erosione di consenso proprio su temi più marcatamente di destra, quelli tipici dello zoccolo duro dell’elettorato di riferimento, non solo sul fronte dell’immigrazione ma anche su quello dell’economia dove la partita si gioca fra la difesa dello stato sociale, di cui si farebbe paladina la Le Pen, e l’adozione di misure ultraliberiste, paventate da Zemmour.
Non è un caso che lo stesso Zemmour nel suo libro La Francia non ha ancora detto l’ultima parola abbia fatto chiaramente intendere che è lui il nuovo astro della destra francese e che la Le Pen ha ormai ha avuto la sua ultima opportunità politica nel 2017, nel confronto (perso) con Macron.
Per giunta, in un gioco di fantapolitica si potrebbe azzardare che in un paradossale ballottaggio fra la Le Pen e Zemmour, lo stesso Macron si troverebbe nell’imbarazzante situazione di un voto utile a favore della sua nemica storica – la sovranista Le Pen – pur di sventare la vittoria dell’ex giornalista de Le Figaro.
Sicché, la Francia non smentisce la sua tradizione di paese-laboratorio, di pentola sociale perennemente in ebollizione, dove poco importa se a turbare gli equilibri sono la pucelle d’Orleans, Robespierre o financo Zemmour, perché la noia non sembra intaccare il suo destino, lanciando sempre un monito agli altri pezzi di mondo su cosa si possa profilare all’orizzonte della storia.
Vigiliamo, la democrazia va tutelata ogni giorno.
© Sintesi Dialettica – riproduzione riservata
Immagine di copertina di Wikimedia Commons – CC BY-SA 4.0