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Le grandi migrazioni rappresentano un fenomeno epocale, il quale, spesso, lascia adito a commenti, anche cosiddetti autorevoli, privi di conoscenza approfondita.

La recente vicenda della ong Ocean Vikings ha catapultato la questione su tutte le cronache nazionali con l’aggiunta delle frizioni fra il governo italiano e quello francese sulla redistribuzione dei migranti.

Partendo dal presupposto di quanto sia riprovevole il dibattito e l’approccio politico verso il destino di esseri umani trattati per lo più come oggetti da collocare, senza tener conto della loro vita individuale e dei loro legami familiari, sarebbe utile focalizzarsi sulle motivazioni intrinseche che portano oggi ad un così rilevante aumento del fenomeno migratorio.

Secondi i dati dell’Unione Europea, nel 2021 i richiedenti asilo in Italia ammontavano a poco più di 56 mila, a fronte dei quasi 27 mila dell’anno precedente. Il progressivo aumento, non solo per quanto riguarda il nostro Paese, bensì anche per le altre nazioni dell’UE, va ricondotto innanzitutto a fenomeni sociopolitici: persecuzioni etniche, religiose o politiche, violazione dei diritti umani, guerre. 

Ora, chi è colpito da tali ragioni può appellarsi allo status di migrante per natura umanitaria, o anche di profugo. L’accoglienza, tuttavia, non è scontata. Vi sono Stati che, nonostante l’adesione a convenzioni europee e internazionali, si pongono, se non in maniera ostile, quanto meno restia. 

Altro contesto di grande rilevanza è quello legato alle motivazioni economiche. Va da sé che l’idea, o la presunta convinzione, di poter raggiungere un Paese con un’aspettativa di vita migliore, un lavoro decoroso e un salario rispettabile, è fonte di estrema attrazione, soprattutto per coloro che appartengono a regioni del mondo dove dilaga la miseria e dove tutto è dominato dalla corruzione. In questo contesto, la migrazione verso nazioni con prospettive economiche migliori è di importanza vitale, anche all’interno dell’UE.

Inoltre, l’International Organization for Migration (IOM) pone giustamente l’attenzione anche sulle cause ambientali che determinano veri e propri esodi di popolazioni. Argomento tanto spinoso, quanto dibattuto, il cambiamento climatico è centrale nell’ambito delle migrazioni. I disastri ambientali, la siccità, le conseguenze delle opere umane determinano l’ormai inevitabile nesso tra problema ambientale e problema sociale.

Sottolineando che una politica concreta ed efficace di redistribuzione è imprescindibile, vale la pena domandarsi se, al netto di tutte le considerazioni, attuare una guerra istituzionale e mediatica su tale argomento sia davvero necessario. Indistintamente dal colore dell’opinione politica, è essenziale abbandonare ridondanti fake news e proclami populisti, a partire dall’opinione pubblica, e lavorare congiuntamente per migliorare una società in lenta decadenza che, mentre discute animatamente, lascia ciclicamente le speranze di esseri umani appese ad un filo in mezzo al mare? Il problema è potenziare la prospettiva culturale.

© Sintesi Dialettica – riproduzione riservata

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