«In Africa molte guerre si svolgono senza testimoni, all’insaputa di tutti, in luoghi appartati e irraggiungibili che il mondo non conosce o ha dimenticato»: le parole del grande giornalista Ryszard Kapuściński potrebbero efficacemente dare l’avvio a Il grande gioco del Sahel, inchiesta su quello che è stato e soprattutto, ai giorni nostri, è la grande fascia sub-sahariana.
Leggendo questo importante saggio, fortunatamente immune da retorica, veniamo a conoscere realtà che ignoriamo, di luoghi da sempre instabili, teatro di infiniti conflitti per le risorse naturali.
Il grande gioco del Sahel è soprattutto il racconto di una complessità riferita alla natura, alla cultura, all’umanità di chi ha vissuto e ancora vive in quei luoghi – dodici Stati, 6 milioni di chilometri quadrati – in situazioni sempre più drammatiche, dove «il connubio fra contrabbando, narcotraffico, mafie locali, jihadismo e politica non conosce frontiere e tratteggia i tetri contorni di un Sahelistan pronto a esplodere». Regione in cui possiamo affermare che esiste più di un Sahel – «quello climatico-ambientale; quello legato ai grandi regni dell’oro e alla religione islamica; quello culturale, caratterizzato dall’incontro tra la cultura araba e la cultura locale e oggi quello bellico-strategico, in cui si gioca una grande partita tra il terrorismo jihadista, gli Stati saheliani, le potenze straniere e la popolazione locale» – ed in cui gli scontri del passato, quelli storici tra allevatori e contadini, si sono trasformati in veri e propri eccidi, tra questioni territoriali e radicalizzazione islamista. Situazioni divenute ancor più inestricabili se solo pensiamo – ancora una volta – alla presenza degli occidentali, o comunque dei non africani, che hanno sempre acuito le tensioni, a tal punto da assistere ad autentici paradossi: «i nuovi pozzi [allestiti dalla cooperazione internazionale] hanno ovviamente richiamato numerosi pastori che conducevano le loro mandrie all’abbeverata. Si sono così create grandi concentrazioni di animali in pochi punti, con un conseguente impoverimento del pascolo circostante. Così quando la siccità ha colpito il Sahel, una grande quantità di animali è morta a causa della mancanza di pascolo». Pensiamo al progetto, teoricamente grandioso, della cosiddetta Grande Muraglia Verde, programma che avrebbe dovuto arrestare la corsa del deserto e che invece si è rivelata «una ghiotta occasione di accaparramento dei fondi da parte delle classi dirigenti». Oppure possiamo citare la penetrazione regionale delle “petromonarchie” e la conseguente longa manus del wahabismo. Una situazione che di fatto, con buona pace dei media, rappresenta un’autentica anomalia rispetto al passato, considerando che «in tutto il Sahel, come dimostrato dalla storia di città-oasi come Timbutcu o Agadez, popoli d’origini e culti differenti hanno da sempre vissuto fianco a fianco. Musulmani, cristiani ed ebrei, per secoli, hanno condiviso pacificamente gli ampi spazi del Sahel senza mai scontrarsi per questioni religiose». Sostanzialmente, gli autori Marco Aime e Andra de Georgio, affermano che gli interessi che originano le guerre, comprese, appunto, quelle nella regione sub sahariana, sono quasi esclusivamente di carattere economico ed egemonico e poco hanno a che fare con la venerazione di un dio. Del resto, leggendo questo saggio assistiamo proprio ad un repertorio di piani espansionistici, da quelli della Cina, per passare poi alle mire egemoniche delle più radicali fazioni jihadiste, al mercato internazionale di droga e di armi e alla redditizia tratta dei nuovi schiavi verso l’Europa. Il tutto, reso più drammatico da una situazione climatica e ecologica sempre più insostenibile, che, come dovremmo sapere, causa flussi migratori sempre più estesi. Gravità, questa, ben intuita da Thomas Sankara che, in tempi non sospetti, affermò: «piantare un albero è uno dei requisiti minimi per vivere in Burkina», salvo poi essere ammazzato dal suo ex amico Blaisè Compaorè, che, nelle vesti di dittatore, si disinteressò del patrimonio verde della sua nazione.
Il grande gioco del Sahel costituisce un’intelligente trattazione volta a smentire i luoghi comuni sulla storia della regione subsahariana, di come quella particolarissima geografia umana, condizionata da un velocissimo mutamento climatico, sia destinata ad influenzare non soltanto le terre del Sahel, ma anche gli equilibri mediterranei e mediorientali.
M. Aime, A. de Georgio, Il grande gioco del Sahel. Dalle carovane di sale ai Boeing di cocaina, Bollati Boringhieri, Torino 2021, pp. 160, € 18,00.
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