Il Covid-19 ha cambiato radicalmente le vite e ha reso tutti più fragili e insicuri. Ha portato alla ricerca della “bellezza collaterale” che permea le piccole cose, che poi tanto piccole non sono. Nei periodi di lockdown sono stati inventati nuovi modi per condividere i momenti con le persone care. La digitalizzazione ha permesso al mondo di non fermarsi mai: ora si studia e si lavora da casa. Ma in un mondo che comunque non si è fermato, i giovani hanno “messo in pausa” il proprio futuro. La situazione di precarietà che preoccupa la nostra generazionenon è solo figlia della crisi pandemica degli ultimi due anni, è figlia di una crisi culturale diffusa nella società da tempo.
In Italia è molto grave il tasso di abbandono scolastico: il sistema dell’istruzione non tiene conto delle peculiarità del singolo, e secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro la pandemia ha avuto un impatto “devastante e sproporzionato” sull’occupazione giovanile. I dati (vds. www.europarl.europa.eu) mostrano infatti come la generazione z trovi più difficoltà a continuare formazione e studi, cercare un’occupazione ed entrare nel mondo del lavoro. Il fallimento nella ricerca di una possibilità lavorativa e di preparazione al lavoro crea isolamento, sensazione di dipendenza e inutilità.
I giovani sono stati più colpiti dalla crisi economica del 2008 e i più esposti al rischio di esclusione sociale. La disoccupazione giovanile nell’Unione europea è salita quasi al 25% ad inizio del 2013. Negli anni successivi il tasso di disoccupazione è gradualmente migliorato, con un calo al 14% registrato nel 2019, ma è risalito al 18.2 nel 2021 a causa del Covid-19. In Italia, la situazione di precarietà è scesa nel 2020 quando il tasso di disoccupazione degli under 25 è passato dal 27% (agosto 2019) al 30% (dicembre 2020).
Il blocco dei licenziamenti del Decreto Sostegni (n. 41/2021) e l’impossibilità di assumere giovani, se un’azienda ha adottato misure come la cassa integrazione, hanno portato molte imprese a congelare tutte le posizioni aperte nel 2019. Questo ha reso ancora più difficile l’ingresso dei ragazzi nel mondo del lavoro. A questa difficoltà si aggiunge il crollo dei tirocini, che nei primi mesi del 2020 è stato del 48%: a causa del Covid sono stati attivati poco più di 96 mila tirocini.
I NEET (giovani che non studiano e non lavorano) nel terzo trimestre del 2020 hanno già superato le 100.000 unità. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, con il suo discorso di inizio mandato del 20 febbraio 2021, ha espresso un messaggio preciso: è necessario dare il via ad un percorso di riforme con la prospettiva del domani. In Italia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si inserisce all’interno del programma Next Generation Eu e prevede investimenti e un pacchetto di riforme volti a riparare i danni economici e sociali derivanti dalla crisi pandemica. Inoltre, cerca di contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana, riducendo i divari territoriali, quelli generazionali e quelli di genere. Le idee ci sono, ma si deve agire per evitare che la criminalità possa infiltrarsi nell’economia legale approfittando della situazione di incertezza. Durante il Social Summit di Porto del 7 maggio 2021, Draghi ha affermato che il divario nel tasso di occupazione tra uomini e donne nell’UE si attesta su 11.3 punti percentuali: in Italia è quasi il doppio. Un terzo della popolazione italiana vive nelle regioni del Sud, ma la sua quota di occupazione totale è solo di un quarto. Al Sud una donna giovane ha molte più difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro.
Appare, pertanto, evidente che vada ripensato il modello di società, poiché esso non rispecchia più le esigenze della comunità.
Infine, ricordo che nel 2017 l’Ue ha proclamato il Pilastro europeo dei diritti sociali, [link al documento] che stabilisce venti principi fondamentali per costruire un’Europa sociale forte, che sia equa, inclusiva e piena di opportunità per il XXI secolo. Nel marzo 2021 la Commissione europea ha presentato un piano di azione per l’attuazione di tale Pilastro, fissando tre obiettivi da raggiungere entro il 2030: un tasso di occupazione di almeno il 78%; una partecipazione di almeno il 60% degli adulti a corsi di formazione ogni anno; la riduzione del numero di persone a rischio di esclusione sociale o povertà di almeno 15 milioni di persone.
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