Quanti di noi si prefissano buoni propositi che, puntualmente, vengono disattesi? Domani smetterò di fumare, domani inizierò una sana alimentazione, domani mi iscriverò in palestra. Un domani sempre troppo lontano, un domani che non arriva mai.     

«Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima», dice Zeno nel celebre romanzo di Italo Svevo, dove il vizio del fumo diventa il simbolo dell’inettitudine del personaggio. Ma chi è l’inetto? L’inettitudine è da considerarsi come l’incapacità, per ragioni culturali o esistenziali, di adeguarsi alla lotta per la vita, tipica dell’uomo del Novecento che ha smarrito tutte le certezze dell’uomo dell’Ottocento.

La crisi dell’uomo contemporaneo si manifesta proprio nell’incertezza e nell’incapacità di scegliere perché i solidi valori – guida delle epoche precedenti, inaugurati dalle rivoluzionarie tempeste dell’Illuminismo e del Romanticismo, questa volta sono andati in frantumi. 

La lettura del romanzo «La coscienza di Zeno», dunque, può aiutarci a comprendere le cause profonde della nostra inadeguatezza alla «lotta per la vita»: una sveviana rilettura de «L’Origine della specie»di Charles Darwin.

Ma la crisi è, davvero, qualcosa di negativo? Nella lingua cinese la parola crisi è composta da due ideogrammi: uno significa pericolo e l’altro opportunità. Probabilmente, se non avessimo avuto un lungo Medioevo, non ci sarebbe stato il Rinascimento. La crescita avviene attraverso le difficoltà, impariamo quando passiamo attraverso le tempeste e le esperienze negative. Secondo Nietzsche sono le cadute a dare origine ai cosiddetti scatti evolutivi: l’Oltre-uomo, infatti, avrebbe avuto vita dalle ceneri dell’uomo vecchio. 

Memorandum per gli itineranti lavori in corso: «La vita non è né brutta né bella, ma è originale!». Così, fallito il tentativo psicanalitico del Dottor S nella sua vana lotta al fumo, avrebbe – in qualche modo – concluso il nostro Zeno fumando l’ennesima ultima sigaretta.

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