La guerra in Ucraina, oltre alle devastanti perdite umane e materiali, sta causando una situazione macroeconomica caratterizzata da elevata inflazione, fenomeno che sembrava ormai scongiurato in Europa e che, invece, sta generando un forte impatto anche sulla nostra vita quotidiana.
Per inflazione si intende l’incremento del livello generale dei prezzi dei beni e servizi. In particolare, tra maggio 2021 e 2022 i prezzi sono aumentati dell’8,8% nell’Unione europea e8,1% nell’area Euro, interessando tutti gli Stati membri con incrementi dell’8,7% in Germania, 5,8% in Francia e 7,3% in Italia. Ai fini di un confronto, tra il 2017 e il 2021, i prezzi erano cresciuti in media nell’Unione europea solo dell’1,74% annuo e nell’area Euro dell’1,48% annuo.
Perché l’inflazione è rilevante? Se contenuta entro limiti ragionevoli e nel caso derivi da un eccesso di domanda rispetto all’offerta, essa può rappresentare un indicatore di espansione economica.
Anche in questa ipotesi è raccomandata un’attenzione da parte dei governi sia per finalità anti-cicliche sia perché l’inflazione può generare conflittualità sociale. Infatti, essa avvantaggia chi ha un reddito variabile e i debitori, mentre danneggia chi ha un reddito fisso e i creditori.
Oggi può sembrare assurdo che ci preoccupiamo dell’inflazione, dopo che molti economisti hanno chiesto per anni alla Banca Centrale Europea di adottare una politica maggiormente inflazionistica.
La ragione di questo apparente paradosso risiede nel fatto che l’inflazione attuale non è positiva, perché non è causata dalla vitalità della domanda ma deriva da una crescita dei costi delle materie prime importate dall’estero.
I dati lo confermano. L’inflazione core, che esclude i generi alimentari e i prodotti energetici, registra tra maggio 2021 e 2022 livelli più contenuti pari a 4,5% per l’Unione europea, 3,8% per l’area Euro e 3% per l’Italia rispetto all’inflazione complessiva.
In risposta a questa situazione, la Banca Centrale Europea ha deciso di non alzare immediatamente a marzo il tasso di sconto interbancario (overnight rate), ma ha solo recentemente annunciato che lo incrementerà di 25 punti base (+ 0, 25 % – riunione di luglio del Consiglio Direttivo).
La ragione di tale scelta attendista derivava appunto dalla necessità di comprendere se l’inflazione fosse temporanea ed importata. La questione è rilevante, poiché innalzare i tassi in queste ultimi casi può essere controproducente e indurre recessione. Il maggior costo dei prestiti può, infatti, strozzare il sistema economico, peggiorando l’impatto negativo dei già elevati prezzi delle materie prime.
Come reagire all’ondata inflattiva?
Questa nuova situazione ha spiazzato molti osservatori, abituati a vivere in un contesto economico in cui il principale problema era la disoccupazione, non l’inflazione.
Riproporre nuovamente le politiche antinflazionistiche degli anni Ottanta e Novanta potrebbe non essere sufficiente, perché si opera in un contesto differente, a causa, per esempio, dell’esistenza dell’euro, della maggiore integrazione commerciale, del ruolo crescente della Cina. Invece, queste misure dovrebbero essere associate con politiche di profonde riforme strutturali, che riducano la dipendenza dell’Unione europea dalle importazioni di energia e la rendano più forte e sostenibile, secondo gli obiettivi individuati nel Next Generation EU.
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