Il saggio intende trattare le tematiche, attualissime, relative all’influenza dell’uomo sull’ambiente, sostenendo la tesi secondo la quale è indispensabile conciliare il progresso delle aree povere con le emergenze ambientali, adottando nuove condotte improntate a un modo di agire, definito ecologico, che riesca a minimizzare i costi energetici e, allo stesso tempo, garantisca l’energia necessaria per far progredire le economie.
Negli ultimi decenni, l’umanità ha compiuto passi da gigante dal punto di vista tecnologico: la richiesta energetica è andata costantemente aumentando, la società si è globalizzata, grazie anche alla rapidità delle nuove forme di comunicazione satellitare. Accanto ai benefici che ne sono seguiti ha avuto luogo però un aumento sostanzioso di emissioni di gas e sostanze inquinanti.
Su queste tematiche si sofferma una parte dell’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, del 29 giugno 2009. In premessa al discorso sull’ambiente, il pontefice sostiene che quando viene meno il riconoscimento dell’intervento creatore di Dio, l’uomo considera la natura un tabù intoccabile o, all’opposto, ne abusa; in tal senso, la natura non deve essere considerata più importante della persona umana ma neanche può essere completamente tecnicizzata, né si può disporre di essa a nostro arbitrario piacimento (vds. n. 48).
L’enciclica poi si sofferma sulle problematiche energetiche e soprattutto sulla necessità che ci sia una rinnovata solidarietà tra i paesi altamente industrializzati e quelli in via di sviluppo (i primi devono diminuire il proprio fabbisogno energetico, utilizzando energie alternative, vds. n. 49), e tutto ciò perché «abbiamo il dovere gravissimo di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla ed ulteriormente coltivarla» (n.50).
Il documento tratta, inoltre, della necessità di un cambiamento di mentalità, oggi troppo spesso incline all’edonismo ed al consumismo. Occorre, in questo senso, adottare nuovi stili di vita anche perché il degrado ambientale genera un degrado morale e sociale; per la Chiesa, dunque, se l’uomo non rispetta la natura, non rispetta se stesso: «il degrado della natura – scrive Benedetto XVI – è [..] strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana» (n.51).
Già dalla fine del secolo scorso, in realtà, le emergenze ambientali sono affrontate sul piano politico a livello internazionale; si sono svolti numerosi incontri sul tema, con l’approvazione di diversi documenti e protocolli, tra i quali, senza dubbio, il più importante resta quello sottoscritto a Kyoto [vds. il testo integrale tra i documenti di www.sintesidialettica.it] da più di 160 Paesi, l’11 dicembre 1997, ed entrato in vigore, però, solo il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia.
Il protocollo prevede l’obbligo, per i paesi industrializzati, di operare una riduzione delle emissioni di gas inquinanti (biossido di carbonio, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) nel periodo 2008/2012 in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni registrate nel 1990, considerato come anno di riferimento iniziale.
Per il raggiungimento dei propri obiettivi, il protocollo prevede il ricorso ai cosiddetti Meccanismi Flessibili con lo scopo di ridurre le emissioni al costo minimo.
Per l’entrata in vigore del trattato si chiedeva la ratifica ad almeno 55 nazioni (condizione oggi largamente superata dato che i Paesi aderenti sono 182). Il secondo presupposto era però che le nazioni firmatarie si dovessero impegnare a produrre almeno il 55% delle emissioni inquinanti. Tale requisito si è raggiunto nel febbraio 2005, dopo l’adesione della Russia che, da sola, produce il 17,6% delle emissioni (gli Stati Uniti, il 36,2%).
Di notevole importanza, all’interno del protocollo, sono i meccanismi per favorire i progetti dei Paesi industrializzati nei Paesi in via di sviluppo, al fine di conciliare la loro domanda di crescita con l’utilizzo di energia a basso impatto ambientale. Questo comporterebbe un positivo sviluppo dell’apparato tecnologico al fine di ridurre l’emissione dei gas serra nell’atmosfera, grazie all’uso di energie rinnovabili, molto meno inquinanti.
Il dibattito intorno alle energie cosiddette pulite è aperto: basti pensare a quello sull’energia nucleare, che ha un minor impatto ambientale ma non è priva di rischi; oppure a quello sullo sfruttamento più intensivo delle energie naturali, come l’eolica e la solare, ad inquinamento quasi nullo ma di minore efficienza e con costi notevoli.
Purtroppo la strada tracciata da Kyoto è lunga e difficile: la Conferenza sul clima (Copenhagen, dicembre 2009) lo ha confermato. Inoltre la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica (Co2), prevista dal protocollo, sarebbe del tutto insufficiente, stando a quanto affermano coloro che prevedono un forte aumento della temperatura globale.
Ciò che occorre comprendere è in che modo le eccessive emissioni di Co2 in atmosfera, insieme agli altri gas serra, modifichino i cicli naturali, considerando che tali sostanze erano già presenti in natura, anche se in misura minore, ben prima dell’intervento umano.
Per capire quanto l’uomo incida con le sue attività bisogna, per prima cosa, analizzare i meccanismi ciclici planetari che influenzano il clima. Questo è l’elemento su cui negli ultimi anni si sta ponendo l’attenzione, dato che numerose ricerche scientifiche hanno constatato che l’aumento di Co2 e di altri gas serra in atmosfera provoca il forte surriscaldamento globale, con tutte le conseguenze che ne derivano su piante, animali, terre emerse in genere, oceani e sulle attività antropiche, quali l’agricoltura, il turismo ecc.
Siamo noi, con le nostre attività, gli unici responsabili dell’innalzamento della temperatura registrato in questi ultimi decenni? Non si può cercare di dare risposta a questa domanda se prima non si comprende il funzionamento del sistema climatico terrestre.
Sono tanti i fattori che portano al cosiddetto Global Warming, il riscaldamento globale, del quale si discute sui media. I cicli climatici del passato erano dovuti a fattori unicamente naturali: tra questi, l’oscillazione periodica dell’orbita terrestre, con la conseguente modifica della distribuzione della radiazione solare che raggiunge il pianeta in relazione alla latitudine.
L’orbita terrestre, infatti, non è perfettamente circolare ma leggermente ellittica; la terra, nel corso dell’anno, raggiunge un punto di massima vicinanza al Sole (perielio) e uno di massima distanza (afelio); il perielio si ha in gennaio quindi, nel nostro emisfero, nel periodo invernale; l’afelio, invece, è a luglio; la quantità di luce solare tra questi due periodi varia di circa il 3%. Questo però nel corso dei millenni muta, tanto che tra 10.000 anni il perielio si avrà nel periodo estivo e l’afelio in quello invernale. Ebbene, questi spostamenti hanno una sicura incidenza sul clima planetario (1).
Altri importanti cambiamenti climatici sono legati alle grandi eruzioni vulcaniche che, immettendo gas e cenere nell’atmosfera ad altezze importanti, in grado di raggiungere la stratosfera situata ad un altezza media di 12 km dalla superficie terrestre, causano il formarsi di una sorta di schermo alla radiazione solare, con la conseguente diminuzione della temperatura anche per decenni.
Altre cause di variazioni della temperatura globale sono legate all’attività solare – che ciclicamente aumenta o diminuisce con conseguenti aumenti e cali della temperatura (la minore attività del sole, infatti, ha un’influenza indiretta sul clima).
Diversi studi scientifici hanno dimostrato che minori radiazioni solari comportano un maggiore arrivo nell’atmosfera terrestre dei raggi cosmici i quali costituiscono i nuclei di condensazione delle nubi basse con un generale effetto di raffreddamento. Nei periodi di forte attività solare, invece, la presenza di numerose macchie solari, che da una parte tenderebbe a ridurre l’energia irradiata dal Sole, dall’altra comporta la formazione di facole(aree più luminose ad alta energia), di protuberanze (filamenti ad arco che possono arrivare a molte migliaia di chilometri di estensione) e di brillamenti (rilasci esplosivi di energia e particelle cariche) che sono causa di rilascio di maggiore energia e di conseguenza di più calore verso la terra.
Vi sono numerosi esempi, anche piuttosto recenti, riferibili a periodi storici molto caldi o molto freddi, come la cosiddetta piccola era glaciale che per vari secoli, fino agli inizi dell’ottocento, condizionò pesantemente il clima degli Stati Uniti e dell’ Europa, causando carestie e sconvolgimenti a livello politico e sociale. Ebbene, a detta di molti scienziati, quel periodo così freddo lo si deve, in larga misura, ad una fase eccezionale nell’attività solare (2) ed, in misura minore, ad una più intensa attività vulcanica.
Cambiamenti climatici ciclici del tutto naturali si sono sempre verificati. Ciò che va accertato è in che modo le attività dell’uomo modifichino questo normale andamento, accelerando i mutamenti e provocando danni irreparabili.
Un elemento certo è l’aumento delle temperature a livello globale degli ultimi decenni, rilevatisi i più caldi da quando si compiono misurazioni accurate; si calcola che nel XX secolo la temperatura sia aumentata di 0,7 C°, (gli anni in assoluto più caldi sono sati il 1998 e il 2005 (3)). Negli ultimi anni, tuttavia, si sta registrando una certa, seppure leggera, diminuzione di temperatura, in controtendenza rispetto alle previsioni scientifiche.
Gli effetti del riscaldamento si sono potuti notare anche, per così dire visivamente, con lo scioglimento dei ghiacciai montani ed artici (15/20% dal 1978 ad oggi (4)), il mutamento di flora e fauna in diverse aree, il verificarsi di fenomeni estremi e prolungati, quali siccità, ondate di calore anomale, e anche uragani più violenti.
Numerosi studi scientifici annunciano un aumento di temperatura di alcuni gradi nel corso del prossimo secolo, fino a 8, secondo le previsioni più pessimiste, con effetti drammatici di scioglimento dell’intera calotta polare, il conseguente innalzamento degli oceani, la distruzione di isole e di molte aree litoranee, la scomparsa di specie viventi, l’aumento di malattie legate al caldo, alla siccità, alle inondazioni.
La maggioranza degli scienziati ritiene che l’incremento della temperatura sia legato all’aumento di concentrazione di anidride carbonica e di altri gas perché tali emissioni provocherebbero il cosiddetto effetto serra, cioè un fenomeno, del tutto naturale, che però si accentuerebbe a causa dell’immissione nell’atmosfera di notevoli quantità di gas serra.
Ma cos’ è l’effetto serra? Può definirsi come la capacità dell’atmosfera di trattenere più o meno calore. Non si tratta di un fenomeno unico. Esso unisce tutti quegli eventi, sia locali che globali, di breve o di lunga durata, che fanno variare il contenuto atmosferico di vapore acqueo, Co2 e metano.
Il fenomeno dell’effetto serra ha a che fare con la radiazione che la superficie della terra riceve sia dall’atmosfera che dal sole; proprio per bilanciare l’immissione di radiazione solare la superficie terrestre si scalda ed emette radiazioni infrarosse che poi entrano nell’atmosfera producendo appunto tale fenomeno (5).
Molti sono i fattori che fanno aumentare o diminuire l’effetto serra: alcuni sono interni all’atmosfera (piogge, spostamenti di masse d’aria umide, annuvolamenti, contenuto di vapore acqueo, Co2, metano); altri sono esterni (evaporazione dei mari, scambio di Co2 tra mare e atmosfera, respirazione del mondo vegetale ed animale, azione batterica nei terreni, emissioni vulcaniche).
Quando sul pianeta vi è una situazione di equilibrio termico ideale, tutti questi fattori partecipano insieme, chi apportando un’azione di aumento dell’effetto serra chi un’azione di riduzione, in maniera tale che le varie azioni si compongono a vicenda, facendo rimanere il sistema in equilibrio.
L’effetto serra naturale, quindi, può essere considerato un elemento equilibratore del clima, attuando effetti di retroazione negativa che evitano che il sistema-terra entri in uno stato di squilibrio termico.
Il problema si ha quando, con la modifica sia essa naturale o indotta dall’uomo, di uno qualunque dei gas serra, anche le altre componenti del sistema indirettamente mutano, con conseguente squilibrio generale.
Vapore acqueo e nubi sono di gran lunga le sostanze ad effetto serra più importanti dell’atmosfera: le nubi da un lato restituiscono allo spazio circa il 22% di radiazione solare verso la terra, raffreddandola, dall’altro assorbono la radiazione solare ed emettono radiazione infrarossa causa di riscaldamento (6).
Altre componenti che influiscono sull’effetto serra sono gli aerosol di solfati; essi sono costituiti da piccole particelle solide e liquide sospese nell’atmosfera, aumentate in maniera massiccia con le attività industriali e la combustione delle biomasse. Gli aerosol riflettono la radiazione solare e, in misura minore, assorbono radiazione infrarossa, costituendo soprattutto il nucleo di condensazione delle nubi (7).
Maggiore responsabile del riscaldamento globale resta comunque l’anidride carbonica. Sarebbe la notevole presenza di tale gas a provocare I principali cambiamenti climatici in atto da vari decenni.
La concentrazione di Co2 in atmosfera, precedentemente alla rivoluzione industriale, era pari a 280 parti per milione; oggi è arrivata a circa 390 parti per milione. I modelli numerici scientifici attribuiscono all’aumento di anidride carbonica l’aumento delle temperature globali anche se, va detto, non sono previsioni condivise da tutto il mondo scientifico. La complessità del sistema climatico porta, infatti, gli studiosi a valutazioni diverse sugli effetti reali che si potrebbero innescare nel futuro, come il possibile verificarsi di feedback negativi dovuti all’iniziale riscaldamento, capaci, invece, di portare al raffreddamento.
Il clima è un sistema caotico. Questo stato di cose determina una forte difficoltà di previsione oltre un certo periodo di tempo; alcuni fattori, per esempio, come le grandi eruzioni vulcaniche sono imprevedibili e possono produrre cambiamenti notevoli, anche se temporanei, della temperatura globale.
La risposta alla questione climatica non può essere univoca. L’uomo incide notevolmente sull’ambiente che lo circonda, basti pensare alle deforestazioni o all’inquinamento in mari, laghi e fiumi. In parte diverso è il problema del riscaldamento globale e su quanto le attività umane vi possano influire. Nel passato, quando la temperatura globale della terra aumentava per cause naturali, si aveva un aumento della Co2, ma questo si verificava anche in fasi di diminuzione della temperatura. Si può pertanto affermare che non è stato ancora compreso del tutto, da parte degli studiosi, nel caso del Global Warming, quanto l’uomo incida e di conseguenza quali rimedi occorra attuare per la salvaguardia dell’ecosistema.
Vi sono abitudini proprie dei Paesi ricchi che, all’apparenza poco incidenti, sono in realtà molto dannose: per esempio l’uso smodato, per alimentazione umana, delle proteine animali genera l’aumento di animali da allevamento. Questo determina un dispendio di energie inefficiente perché si devono coltivare sempre più aree del pianeta per nutrirli. Inoltre, il danno ambientale colpisce anche gli animali stessi, laddove sussistono gli allevamenti intensivi. Le stime della FAO indicano che i due terzi circa delle terre fertili del pianeta sono oggi coltivate per produrre cereali e legumi usati come mangimi per animali, e che circa il 90% della soia e la metà dei cereali prodotti su scala mondiale sono destinati a nutrire animali d’allevamento anziché esseri umani.
Questo stato di cose comporta la deforestazione di intere regioni, ad esempio la foresta pluviale brasiliana, per far posto ad allevamenti di bovini, i quali, producono anch’essi Co2 (si calcola che l’anidride carbonica emessa dagli allevamenti di bovini è maggiore di quella emessa dalle automobili, ed è seconda solo a quella per gli usi domestici).
Occorre, dunque, impostare uno stile di vita meno incline agli sprechi: basti pensare all’acqua o all’eccessivo utilizzo di condizionatori d’aria in estate o dei sistemi di riscaldamento in inverno, oppure all’uso esagerato dell’energia elettrica.
In conclusione, occorre un cambiamento anche nell’approccio culturale al problema climatico.
Bibliografia
Benedetto XVI, Encliclica Caritas in Veritate (2009), vds. < www.vatican.va>
Guido Visconti, Clima estremo. Un’introduzione al tempo che ci aspetta. Boroli, Milano 2005.
Kerry Emanuel , Piccola lezione sul clima Il Mulino, Bologna 2008.
Angelo Rubino e Davide Zanchettin, Riscaldamento globale: la fine. Gli ultimi mesi: ritorno alpassato o addio per sempre?, Oasi Alberto Perdisa, Bologna 2010.
Note
1) Vds. K. Emanuel, Piccola lezione sul clima, Il Mulino, Bologna 2008, p.33.
2) Si tratta del cosiddetto minimo di Maunder che coincise con il periodo più rigido della Peg (piccola era glaciale) tra il 1645 e il 1715, con scarsissima presenza di macchie solari.
3) L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevede – grazie all’ausilio di modelli numerici – un aumento, entro il 2100, compreso tra 1,5 e 5 C° della temperatura globale.
4) Sono dati dell’IPCC considerati certi dal mondo scientifico, anche da quello cosiddetto negazionista.
5) K. Emanuel, op. cit., p. 39ss.
6) Ivi, p. 45ss.
7) Ivi, p. 49.
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