Il 28 novembre 2024, il Parlamento australiano ha approvato una legge che vieta l’accesso ai social media per i minori di 16 anni con lo scopo di proteggere la salute mentale degli adolescenti.
Il provvedimento obbliga le piattaforme ad implementare sistemi di verifica dell’età adeguati.
È il primo Paese al mondo ad attivare restrizioni così severe (multe pecuniarie considerevoli). Il divieto entrerà in vigore nel novembre 2025 coinvolgendo Instagram, Tik Tok, X e Facebook. Al momento sono escluse Whatsapp e YouTube per il loro «uso educativo» (sic).
Questa notizia ci obbliga ad affrontare una seria riflessione.
È questa la soluzione per risolvere il rischio che i social media provocano negli adolescenti? Un giovane con una VPN può aggirare il problema mascherando la provenienza geografica e un maggiorenne potrebbe accedere con la propria identità per poi dare il dispositivo ad altri.
Demandare alle aziende la soluzione non affronta il problema.
Viene spontaneo chiedersi: chi ha la responsabilità di proteggere i giovani?
La legge australiana è rivolta solo alle compagnie dei social media, non ai genitori e men che meno ai giovani. Eppure, non è accettabile esonerarli da questa responsabilità. I genitori hanno il dovere di educare i figli all’uso consapevole dei social media, sia per sé stessi, sia nei confronti della società.
Stanno anestetizzando i loro cervelli con il cellulare e perdendo la capacità di ragionare, che tipo di adulti pensate che avremo in futuro? È importante che gli adolescenti siano consapevoli dell’importanza che ha un uso corretto dei social media nelle loro vite, per la loro capacità di saper ragionare, di vivere.
Si sente spesso dire che la soglia dell’attenzione si è abbassata arrivando ad una media di 8 secondi. Mi chiedo, volete davvero una mente paragonabile a quella di una scatola di fiammiferi (vuota)?
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Credits Ph Paul Hanaoka