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Dal 2020 della pandemia sono esponenzialmente aumentate tutte le attività online, ma, contrariamente alle aspettative, il 25% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha disattivato, nel 2022, il proprio profilo social. Una tendenza, questa, che coinvolge tutta Europa.

A livello europeo, infatti, si registra, oltre a questo, una riduzione del tempo trascorso sui social. In Italia è pari al 35% di tempo in meno, mentre il 44% degli utenti ha adottato misure per limitare la quantità di dati condivisibili sul web (per esempio, i servizi di geolocalizzazione).

Molti tra i nati tra il 1995 e il 2010, in particolare, si stanno sempre più allontanando dalle piattaforme preferite della loro età: TikTok e Instagram.

Si sta forse affermando la necessità di vivere in modo diverso? C’è più bisogno di relazioni più che di contatti? Sta affermandosi la necessità di tenere a bada l’ansia del sentirsi all’altezza, sempre?

Si sta studiando il fenomeno.

Probabilmente, alla base di queste scelte c’è la necessità di vivere la realtà, guardando agli altri con i propri occhi, non più attraverso una fotocamera, mostrando e vivendo, quindi, l’autenticità.

“Spegnere” i social, o quanto meno vederli solo come un mezzo, significa costruire rapporti con persone che ti apprezzano oltre ciò che decidi di mostrare loro? Chiudere gli account potrebbe aver prodotto una sorta di meccanismo di difesa dalla stessa protezione che un social ti offre, come se la sfera affettiva, con tutti i suoi rischi, offenda comunque meno di quella virtuale. Alla base di tali scelte potrebbe inoltre esserci la scoperta di ritrovarsi tra soggetti pieni di rancori, fedeli ad abitudini colleriche, sprezzanti e carichi di frustrazioni, capaci di odiare, ora contro l’uno, ora contro l’altro. Chi pratica l’esercizio dell’odio a mezzo social punta ad ignorare l’altrui libertà intellettuale, dando luogo a persecuzioni, a veri tormenti. La ragione comincia a diventare scomoda, nel duro esamedella verità, di fronte alla miseria ostile, impetuosa, di chi gode dietro gli insulti e le bassezze. Qualcosa dunque si è spezzato. Forse sta tornando la voglia di cambiare il mondo veramente? O forse è l’ennesima puntata di una ricerca “narcisistica” di consenso, che, al dunque, rivela fragilità? A voi la parola.

© Sintesi Dialettica – riproduzione riservata

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