L’inquinamento e il conseguente riscaldamento globale hanno portato ad un repentino aumento del numero di incendi, causati da eventi naturali e dalle azioni irresponsabili dell’uomo. Un territorio duramente colpito è senz’altro il meridione d’Italia, dove si nascondono, dietro ai roghi, interessi di organizzazioni criminali, di politici, imprenditori e pastori.
Per meglio inquadrare il tema si riportano alcuni dati elaborati nel 2020 da Legambiente: gli ettari arsi dalle fiamme sono stati 62.623, riscontrando un aumento del 18,3% rispetto al 2019; i reati accertati sono stati 4.233 (+8,1%); le persone denunciate per incendio doloso e colposo sono state 552 (+25,2%); le persone arrestate 18 (+80%). A far da padrone in queste statistiche è il Sud Italia, dove si concentra l’82% della superficie bruciata e il 54,7% dei reati commessi. Inoltre, i dati parziali del 2021 preannunciano un aggravarsi della situazione, concretizzando un trend negativo senza precedenti.
Alla luce di quanto riportato è necessario distinguere ed analizzare tre tipologie di incendio: naturale, colposo e doloso. In ognuno di questi il responsabile del reato è il medesimo: l’uomo.
Nell’incendio naturale, che secondo le stime di Legambiente equivale al 2% dei roghi totali, non vi è una responsabilità diretta di un individuo o gruppo di individui, ma una colpa globale che investe tutta l’umanità, rea di non rispettare l’ambiente in cui viviamo a tal punto da rendere la natura un luogo inospitale e imprevedibile.
L’incendio colposo, individuato come reato dall’articolo 423-bis del Codice penale, si realizza senza la volontà del soggetto incriminato, a causa della sua negligenza, imprudenza e imperizia, oppure per inosservanza di leggi, regolamenti e ordini.
Infine, l’incendio doloso, descritto dall’art. 423 del Codice penale, si compie se vi è intenzionalità e volontà nell’appiccare l’incendio e spesso può far parte di un più grande e preciso piano illecito.
Questo è il caso sul quale è doveroso soffermarsi con più attenzione. Quando si parla di incendio doloso si fa riferimento alla maggioranza dei roghi che percorrono il nostro Paese, con particolare concentrazione nel Meridione. La maggior parte degli incendi dolosi vengono provocati da pastori e imprenditori per guadagni economici, gelosie e vendette personali oppure da associazioni mafiose che utilizzano le fiamme per attuare i propri disegni criminali. Però, le due condizioni spesso si fondono creando una vera e propria commistione di interessi che ha come unico obiettivo quello di dar vita ad un sistema corrotto degli incendi nel quale politici, imprenditori, pastori e malavitosi provvedono a scambiarsi reciproci vantaggi e favori.
Il sistema degli incendi si concretizza attraverso innumerevoli strategie criminali come, per esempio, il blocco delle concessioni edilizie. Con la legge n. 353 del 2000 in materia di incendi boschivi si stabilisce che «le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni». Le associazioni criminali sfruttano la suddetta legge per fermare, attraverso gli incendi, l’edificabilità dei terreni di loro interesse. L’obiettivo è quello di diventare i primi interlocutori con i quali trattare il prezzo del terreno prima di decidere se renderlo edificabile o meno. E se questo non dovesse avvenire provvederebbero a bloccare tutto appiccando le fiamme.
Un ulteriore metodo criminale è quello di utilizzare i roghi per bonificare vasti terreni boschivi e adibirli a discariche o ad aree di traffico criminale nelle quali poter effettuare lo stoccaggio di merci e prodotti illegali come armi, droga e legname.
Collegato a quest’ultimo tema vi è la questione del traffico illecito di legname. La criminalità organizzata utilizza gli incendi per avere a disposizione una maggior quantità di legno da poter commerciare. Secondo il Rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente, questo è un business che può arrivare fino a cento miliardi di euro di guadagno ogni anno, secondo solo al commercio della droga. Gli incendi dolosi sono strettamente collegati al tema della deforestazione, del cambiamento climatico e della gestione illegale del legname, un circolo vizioso sempre più forte e difficile da spezzare.
La criminalità organizzata si inserisce in un ambiente già corrotto dove lo Stato non riesce o non vuole vigilare con la necessaria attenzione e non ha né le risorse né la volontà di far fronte a questa emergenza. Il fuoco è diventato uno strumento di ricatto, pressione e guadagno nelle mani di delinquenti di ogni genere ed estrazione. Spesso l’informazione e la politica tendono a minimizzare i fatti riconducendo le cause degli incendi alle perversioni di piromani e giovani irresponsabili, ma la realtà è ben diversa. Nella maggior parte dei casi la realtà mostra, dietro ai roghi, una regia unica, un disegno criminale, un calcolo freddo e ragionato che ha come unico obiettivo il profitto personale delle varie organizzazioni criminali che si fanno beffa dello Stato e delle leggi sulle quali si fonda.
In definitiva, non rimane che sperare nel nuovo ministero della Transizione Ecologica che, con i 59.47 miliardi di euro stanziati per lui dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha il compito e il dovere di fermare i roghi criminali che percorrono tutta l’Italia e il sistema corrotto degli incendi che ne tira le fila.
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