È sempre più diffuso l’uso di messaggi vocali anziché scritti. Oggi si tende a preferire l’immediatezza rispetto alla riflessione. La prima ha la massima espressione nel linguaggio, quindi nel pensiero, televisivo: rapido, d’effetto, frammentario. Lo stesso avviene per chi fruisce della televisione: la velocità delle sequenze non dà tempo per capire, per riflettere, tutto scorre senza essere assorbito: proprio come i messaggi vocali o come quelli scritti frettolosamente.
Ciò fa riflettere, dal momento che questo presuppone la mancata conoscenza della grammatica e dell’ortografia, unite alla povertà di linguaggio. Di fatto, la disabitudine alla lingua scritta, che in sé presuppone necessariamente un ragionamento, un pensiero, fa perdere le competenze di base. La comunicazione è sempre più ricca di vocaboli stranieri, spesso gergali, che fanno parte dell’uso comune, come comune è fare una ricerca, nei nostri smartphone, con comandi vocali per essere più veloci. Molti ragazzi, e non solo, non sanno neppure scrivere una mail, ancor meno scrivere un curriculum vitae.
Nella mia esperienza di docente ripeto costantemente ai miei allievi che è importante saper eseguire i calcoli, conoscere i verbi e soprattutto leggere: essere curiosi e leggere, informarsi, ragionare, meditare, riflettere, immaginare, pensare.
Ma tutta questa rapidità sarà poi utile ai ragazzi che già hanno un lessico minimale? Ciò che è inquietante è che il messaggio vocale rivela una forma di arroganza, una certa aggressività egocentrica, perché presuppone che il mittente non ritenga il destinatario degno del suo tempo. Si sceglie di registrare la propria voce, inviare, e tutto ciò impedisce il dialogo, come se non ci si volesse confrontare con l’altro, che è degno solo di ascoltare e semmai rispondere. La “conversazione” si trasforma in un rimbalzare tedioso di messaggi. Questo tipo di colloquio, usando un eufemismo, nuoce alla comunicazione, non la favorisce, come invece si pensa in genere. Frettoloso e approssimativo, il messaggio, è interessante notarlo, spesso è lungo, e proprio per questo, il più delle volte, non si ascolta per intero, e così le parole si perdono come foglie al vento.
Ancora una bieca vittoria egocentrica sulla socialità. Infatti i giovani che hanno questa consuetudine, non hanno tempo per scrivere, a loro interessa talmente tanto l’opinione del destinatario che non hanno tempo per telefonare o ancora peggio incontrarsi e vedersi.
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