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Il Consiglio di Stato “applica” quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80 del 2010. Nel riformare la sentenza di primo grado, pronunciata prima dell’intervento della Consulta, afferma che le ore di sostegno destinate agli studenti disabili vanno commisurate alle esigenze del singolo studente. Il numero massimo di ore di sostegno non va dunque assegnato automaticamente, ma quando le circostanze lo richiedano. Nel caso di specie le ore di sostegno risultano insufficienti, pertanto vanno aumentate in base alle specifiche necessità dello studente interessato.

1. L’inserimento degli studenti disabili nelle scuole rappresenta non solo, in generale, un indice significativo dello stato di avanzamento di una determinata società, ma nel caso specifico dell’ordinamento italiano l’obbiettivo di un preciso programma costituzionale. 

Già nel 1987 con la storica, «a dir poco rivoluzionaria» (1), sentenza n. 215 la giurisprudenza costituzionale ha statuito come la frequenza delle scuole medie superiori dovesse essere «assicurata» ai soggetti portatori di handicap e non semplicemente «favorita» come prevedeva allora l’art. 28, comma 3, della L. 30 marzo 1971, n. 118 (2).

Tale decisione “sostitutiva” si fondava proprio sull’assunto per cui «l’inserimento nella scuolae l’acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel “pieno sviluppo della persona umana”», che gli articoli 2 e 3, comma 2, della Costituzione «additano come meta da raggiungere». La Consulta, inoltre, chiarì come la garanzia dell’istruzione sia anche finalizzata all’inserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro. Del resto, la necessità di salvaguardare le specifiche esigenze di «socializzazione» dei soggetti disabili , sottolineata nella sentenza n. 215 del 1987, sarà poi costantemente ribadita dalla giurisprudenza successiva (3).

2. Questo è il quadro costituzionale in cui si inserisce la sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato n. 2231 del 2010, che, invero, dà specificamente seguito a quanto statuito nella sentenza n. 80 del 2010 della Corte costituzionale, sulla cui motivazione, in quanto ampiamente richiamata dal giudice amministrativo, è opportuno ora soffermarsi.

Il giudizio di costituzionalità, promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, ha ad oggetto l’art. 2, commi 413 e 414, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) (4).

Le disposizioni censurate rispettivamente stabiliscono: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 605, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il numero dei posti degli insegnanti di sostegno, a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009, non può superare complessivamente il 25 per cento del numero delle sezioni e delle classi previste nell’organico di diritto dell’anno scolastico 2006/2007. Il Ministro della pubblica istruzione, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, definisce modalità e criteri per il conseguimento dell’obiettivo di cui al precedente periodo. Tali criteri e modalità devono essere definiti con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili» (art. 2, comma 413, legge n. 244/2007); «La dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno è progressivamente rideterminata, nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento, nell’anno scolastico 2010/2011, di una consistenza organica pari al 70 per cento del numero dei posti di sostegno complessivamente attivati nell’anno scolastico 2006/2007, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni previsto dall’articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Conseguentemente, anche al fine di evitare la formazione di nuovo personale precario, all’articolo 40, comma 1, settimo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono soppresse le parole da: “nonché la possibilità” fino a: “particolarmente gravi,”, fermo restando il rispetto dei princìpi sull’integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104. Sono abrogate tutte le disposizioni vigenti non compatibili con le disposizioni previste dal comma 413 e dal presente comma» (art. 2, comma 414, legge n. 244/2007).

Per meglio comprendere il senso dell’abrogazione disposta dal citato comma 414 (ed anche, invero, la portata della sentenza del Giudice delle leggi), va altresì richiamato il testo del settimo periodo dell’art. 40, comma 1, legge n. 449/1997, in vigore, appunto, prima dell’intervento della legge n. 244/2007: «In attuazione dei princìpi generali fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, è assicurata l’integrazione scolastica degli alunni handicappati con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell’handicap, compreso il ricorso all’ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall’articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi, fermo restando il vincolo di cui al primo periodo del presente comma» (5).

La Corte apre l’analisi del merito della questione con alcune importanti precisazioni:

a) i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo;

b) è necessario individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona;

c) l’istruzione e l’integrazione scolastica rivestono un ruolo di primo piano nel processo di riabilitazione di ciascun disabile, finalizzato al completo inserimento nella società. 

Viene quindi richiamata la normativa rilevante sia sul piano internazionale sia sul piano interno: la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ratificata e resa esecutiva con L. 3 marzo 2009, n. 18), che, nel riconoscere all’art. 24 «il diritto delle persone con disabili tà all’istruzione», al par. 2, lett. (c) del medesimo articolo, in particolare afferma che debba essere attuato anche tramite «un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno» (6), e la L. 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), che, in attuazione dell’art. 38, comma 3, Cost. (7), sancisce il diritto all’istruzione nonché l’integrazione scolastica dei disabili .

In riferimento, poi, alla legge n. 104/1992, che «attribuisce al disabile il diritto soggettivoall’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università» (8), si ribadisce come essa sia volta a «perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps» (9) e che «la partecipazione del disabile “al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato”» (10).

Alla luce di quanto detto, la Corte espressamente configura il diritto del disabile all’istruzione quale «diritto fondamentale», fruibile grazie a «misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione» (11), tra cui va annoverata proprio la previsione di «personale docente specializzato, chiamato per l’appunto ad adempiere alle “ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno” a favore degli alunni diversamente abili» (12).

3. Le disposizioni assoggettate al sindacato di costituzionalità «si pongono in contrasto» – afferma la Consulta – con il «quadro normativo internazionale, costituzionale ed ordinario», ed anche con la consolidata giurisprudenza costituzionale, proprio in quanto stabiliscono «un limite massimo nella determinazione del numero degli insegnanti di sostegno» e sopprimono «la possibilità di assumerli in deroga».

Non che al legislatore non sia riconosciuta un certa discrezionalità nell’approntare le misure a tutela delle persone con disabilità (13), nondimeno tale discrezionalità «non ha carattere assoluto e trova un limite nel “[…] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati”» (14).

Le norme censurate, ebbene, incidono negativamente su tale nucleo indefettibile di garanzie, che rappresenta un «limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore».

Non può dunque trovare ragionevole giustificazione la soppressione della riserva che permetteva l’assunzione di insegnanti di sostegno a tempo determinato, poiché, così disponendo, è stato eliminato uno degli strumenti, grazie ai quali «è reso effettivo» il fondamentale diritto all’istruzione della persona disabile grave (15). Inoltre, la possibilità di garantire ore di sostegno aggiuntive interessa gli studenti disabili in condizione di particolare gravità e si configura quindi quale «intervento mirato, che trova applicazione una volta esperite tutte le possibilità previste dalla normativa vigente e che […] non si estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabili tà», ma in considerazione della specifica tipologia di handicap. 

La fissazione di «un limite massimo invalicabile» con riferimento alle ore di sostegno determina l’impossibilità di avvalersi, ancorché in deroga alla normativa statale, di «insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico».

L’art. 2, comma 413, legge n. 244/2007 è quindi incostituzionale «nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno», mentre l’art. 2, comma 414, legge n. 244/2007 è incostituzionale «nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabili tà grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente».

4. La declaratoria d’incostituzionalità, di esclusiva spettanza della Corte costituzionale, rappresenta la «interpretazione decisoria: la c.d. ultima parola» (16).

Ebbene, «anche l’ “ultima parola”, a sua volta, va interpretata» (17), proprio come ha fatto in quest’occasione il Consiglio di Stato, investito dell’appello per l’annullamento della sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, n. 90 del 2009, che aveva respinto il ricorso dei genitori di uno studente disabile di scuola elementare, diretto ad ottenere un insegnate di sostegno per l’intero orario di frequenza. 

La parte motiva della decisione, infatti, statuito che l’appello «è da accogliere nei termini che seguono», esordisce in questi termini: «E’ anzitutto necessario richiamare l’evoluzione recente della normativa […] alla luce dell’ultima pronuncia in materia della Corte costituzionale (sentenza 26 febbraio 2010, n. 80)».

Dall’analisi della sentenza della Consulta, le cui argomentazioni, come detto, vengono ampiamente riportate, si evince che:

1) il diritto all’istruzione del disabile, ed in particolare del disabile grave, è un diritto fondamentale;

2) ferma la discrezionalità del legislatore nella individuazione delle misure utili a realizzare tale diritto, esiste un nucleo di garanzie indefettibile;

3) l’obbiettivo primario è la massima tutela possibile del diritto del disabile graveall’istruzione ed all’integrazione nella classe e nel gruppo; non per questo, tuttavia, le ore di sostegno debbono sempre essere pari a quelle di frequenza, se «dall’analisi accurata della situazione specifica nel quadro di ragioni e vincoli oggettivi» emerga una minore necessità e sempre che il citato nucleo indefettibile non venga «scalfito»;

4) l’intervento della Corte ha reso possibile l’assunzione di insegnanti in deroga, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente;

5) l’accertamento della situazione di gravità dello studente disabile può anche comportare l’assegnazione di ore di sostegno pari a quelle di frequenza: in ogni modo la scelta deveessere volta ad assicurare «la più ampia ipotesi possibile di sostegno nelle condizioni date».

Il Consiglio di Stato statuisce, quindi, che:

  1. l’Amministrazione deve «riconsiderare il numero delle ore di sostegno»; 
  2. la nuova determinazione va effettuata sulla base della «specificità della situazione» e «considerati gli ulteriori strumenti di tutela che siano previsti (come il servizio socio-educativo)»;
  3. le ore di sostegno così calcolate possono coincidere o meno con quelle di frequenza, ma debbono essere comunque maggiori di quelle attualmente assegnate;
  4. la quantificazione va motivata in funzione della finalità di «perseguire al meglio l’obbiettivo dell’integrazione del disabile nelle condizioni date»;
  5. tale finalità giustifica «l’eventuale ricorso anche ad assunzione “in deroga”».

Viene fatta, inoltre, una significativa precisazione, coerente, del resto, con la decisiva rilevanza che assume la «specificità della situazione» in cui versi lo studente disabile interessato: «la rideterminazione da parte dell’Amministrazione del numero delle ore di sostegno non può essere disposta per gli anni successivi a quello cui sia applicata, essendo previste, ai fini delle decisioni di cui si tratta, verifiche periodiche degli effetti degli interventi adottati per eventualmente modificarli in relazione alla loro efficacia ed alla evoluzione della patologia accertata».

5. Va ora puntualizzato che il Consiglio di Stato non solo, o non tanto, ha scelto di tener conto della sentenza della Corte costituzionale, ma ha dovuto verificarne la portata e decidere di conseguenza.

Quando il giudice amministrativo afferma che tale sentenza è «rilevante per la decisione della controversia in esame poiché tuttora oggetto di giudizio» non fa che ribadire l’effetto tipico della declaratoria d’incostituzionalità: le sentenze di accoglimento hanno efficacia retroattiva, in quanto a seguito della loro pronuncia nessun giudice (tanto meno il giudice a quo) potrà applicare la norma dichiarata incostituzionale.

Il punto è che la norma colpita da declaratoria d’incostituzionalità viene annullata, ossia espunta dall’ordinamento, e tale annullamento opera ex tunc, dal momento in cui è entrata in vigore la norma illegittima. La retroattività delle sentenze di accoglimento, com’è noto, trova un limite nei “rapporti esauriti”, ossia quelli per i quali è intervenuta decadenza o prescrizione ovvero sono stati definiti con sentenza passata in giudicato (18).

La sentenza n. 80 del 2010 interviene mentre il processo amministrativo è ancora pendente innanzi al Consiglio di Stato, che dunque è tenuto a decidere in base al quadro normativo così come inciso dalla decisione della Consulta, che si appalesa, per la verità, quale decisione manipolativa.

Il primo dispositivo, infatti, ha un effetto puramente demolitorio, ma non “colpisce” in maniera puntuale una porzione ben individuata del testo della disposizione, mentre il secondo ha una valenza additiva, nel momento in cui sembra determinare la reviviscenza del settimo periodo dell’art. 40, comma 1, legge n. 449/1997, senza però anche qui censurare specificamente le parti della disposizione che ne avevano determinato l’abrogazione. Forse a “rinascere” in questo caso non è tanto il testo del settimo periodo dell’art. 40, comma 1, legge n. 449/1997, o quei determinati significati da esso ricavabili, bensì, più genericamente, il suo senso, il suo contenuto di valore (19).

Interventi di questo tipo sollecitano (rectius si prestano in particolar modo ad) un “protagonismo interpretativo” dei giudici, chiamati a darvi seguito. In quest’occasione il Consiglio di Stato, nei termini indicati, ha effettuato, in applicazione del c.d. canone della totalità (20), quella che è stata definita «l’interpretazione globale della sentenza costituzionale […] ossia l’interpretazione del dispositivo alla luce della motivazione» (21) e ne ha ricavato un principio, che potremmo ora così sintetizzare: “bisogna garantire allo studente disabile il massimo supporto, che non coincide sempre e necessariamente con il massimo delle ore di sostegno”. In tale prospettiva il giudice amministrativo ha quindi interpretato ed applicato al caso concreto la normativa manipolata dalla sentenza n. 80 del 2010 (22), in attuazione di quel programma costituzionale, di cui si diceva all’inizio e che al legislatore non è consentito tradire.

6. Il diritto all’istruzione è «un classico diritto sociale» (23) intimamente legato, nel caso degli studenti disabili , all’integrazione degli stessi nella scuola (e non solo); del resto, innanzitutto nella scuola «la presenza dell’ “altro” e del “sociale” è ineliminabile ed essenziale» (24), proprio perché il “vantaggio” educativo e formativo, che si dà nel momento in cui è effettivamente «assicurata» (25) la loro frequenza, involge tutti gli studenti, non solamente quelli con disabili tà.

Tutto questo chiaramente ha un costo e (im)pone indubbiamente la necessità di operare un bilanciamento con le esigenze di controllo della spesa pubblica; non va però dimenticato che «anche i diritti sociali condizionati […] tendono ad assorgere al rango di diritti inviolabili» (26). Nella prospettiva della stessa scienza economica, peraltro, si è rilevato come, ferma l’esigenza parimenti costituzionale della copertura della spesa necessaria a finanziare i diversi bisogni, sia la stessa Costituzione a fissare la priorità dei diritti rispetto al loro costo (27).

Proprio mentre ci si avviava a chiudere queste brevi considerazioni, sono apparse sugli organi di stampa le gravissime dichiarazioni dell’assessore alla cultura – istruzione (!) (28) del Comune di Chieri e di un docente (!) (29) del Conservatorio di Milano. Simili episodi testimoniano quale importante significato vada riconosciuto alla giurisprudenza sopra analizzata in termini non solo strettamente giuridici. 

Sentenze di questo tipo debbono saldarsi ad un più generale impegno collettivo, volto in ultima analisi a rendere «più umana» la società in cui viviamo (30). Un simile impegno, allora, non può prescindere dal coinvolgimento delle stesse persone con disabili tà e, attenzione, ciò «non vuol dire […] chiedere di essere più buoni, ma essere tutti più bravi, vale a dire creare le condizioni perché davvero i disabili possano esprimere le proprie capacità. E loro ci daranno una mano» (31).

*Professore aggregato di Diritto costituzionale 
Università Niccolò Cusano, Roma


Note

1) C. Colapietro, Lo statuto costituzionale del lavoratore disabile, in Lavoro e disabili tà. Disciplina normativa e percorsi di inserimento, a cura di F. Girelli, Editoriale Scientifica, Napoli 2010, 36; Id., Diritto al lavoro dei disabili e Costituzione, in Giornale dir. lav. e relazioni ind., 2009/4, 615.

2) Sul punto vedi F. Modugno, I «nuovi diritti» nella Giurisprudenza Costituzionale, Giappichelli, Torino 1995, 72-73.

3) Vedi, in particolare, le sentenze nn. 106/1992; 88/1993; 167/1999; 226/2001; 329/2002; 467/2002.

4) Al di là della specifica questione di costituzionalità, non possono qui che ribadirsi le note perplessità suscitate da testi normativi composti da pochi articoli a loro volta corredati da centinaia di commi: al riguardo vedi G. Pistorio, Emendamento, in Digesto Pubbl., Aggiornamento III, Tomo I, Utet, Torino 2008, 362-363 e, da ultimo, nella prospettiva della forma di governo, F. Modugno, Ordinamento, Diritto, Stato, inLineamenti di diritto pubblico, a cura di F. Modugno, Seconda edizione, Giappichelli, Torino 2010, 79.

5) Per la verità ora l’art. 1, comma 605, lett. b), della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) prevede che con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione siano adottati interventi concernenti «il perseguimento della sostituzione del criterio previsto dall’articolo 40, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con l’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi».

6) Si è riportato il testo della Convenzione pubblicato in lingua italiana a cura della Direzione Generale della Comunicazione e della Direzione Generale per l’Inclusione e i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR) del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (disponibile in www.lavoro.gov.it). Per la verità nella sentenza al n. 4 del considerato in diritto si legge che in base alla Convenzione il diritto in parola debba «essere garantito, anche attraverso la predisposizione di accomodamenti ragionevoli, al fine di “andare incontro alle esigenze individuali” del disabile (art. 24, par. 2, lett. c), della Convenzione)»: qui la Corte utilizza la traduzione del 2 marzo 2007 (disponibile in www.onuitalia.it) della prof.ssa Maria Rita Saulle, che del resto è il Giudice redattore della sentenza. L’art. 24, par. 2, lett. c), nel testo in inglese della Convenzione allegato alla legge n. 18/2009, pubblicata in Gazz. Uff. n. 61, Serie generale, dell’anno 2009, risulta così formulato: «Reasonable accomodation of the individual’s requirements is provided». L’art. 24 è ora richiamato anche nelle Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabili tà del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (disponibili in www.istruzione.it). Sulla Convenzione vedi N. Foggetti, Diritti umani e tutela delle persone con disabili tà: la Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, in Riv. Coop. Giur. Int., 2009/33, 98 e segg.

7) Art. 38, comma 3, Cost.: «Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale».

8) Corsivo mio.

9) Vedi anche Corte cost. n. 406/1992.

10) Vedi già Corte cost. n. 215/1987.

11) Vedi già Corte cost. n. 215/1987.

12) Vedi anche Corte cost. n. 52/2000.

13) Vedi, tra le più recenti, Corte cost. ord. 269/2009; Corte cost. nn. 431/2008 e 251/2008.

14) Vedi, al riguardo, Corte cost. nn. 251/2008 e 226/2000.

15) La Costituzione «si fonda su una precisa scelta in ordine all’indirizzo dell’azione politica dello Stato, quella […] per cui ad esso spetta rimuovere le disuguaglianze di fatto esistenti tra i consociati che possano frapporsi all’effettivo godimento dei diritti civili e politici e alla concreta partecipazione di essi all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese», così M. Ruotolo, A mo’ di introduzione, in La Costituzione ha 60 anni: la qualità della vita sessant’anni dopo, Atti del Convegno di Ascoli Piceno, 14-15 marzo 2008, a cura di M. Ruotolo, Editoriale Scientifica, Napoli 2008, 14. Per la «equiparazione» tra diritti fondamentali e diritti inviolabili vedi F. Modugno, I «nuovi diritti» nella Giurisprudenza Costituzionale, cit., 85.

16) F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, in Il diritto fra interpretazione e storia, Liber amicorum in onore di Angel Antonio Cervati, Tomo III, a cura di A. Cerri, P. Häberle, I. M. Jarvad, P. Ridola, D. Schefold, Aracne, Roma 2010, 355.

17) F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, cit., 355.

18) In proposito vedi, da ultimo, S. M. Cicconetti, Lezioni di giustizia costituzionale, Quarta edizione aggiornata, Giappichelli, Torino 2010, 79-80; A. Celotto-F. Modugno, La giustizia costituzionale, in Lineamenti di diritto pubblico, a cura di F. Modugno, Seconda edizione, Giappichelli, Torino 2010, 694-696.

19) Il testo dei due dispositivi di Corte cost. n. 80/2010 è riportato supra alla fine del § 3. Sulla «dichiarazione di illegittimità costituzionale di norma abrogante» vedi A. Celotto, Coerenza dell’ordinamento e soluzione delle antinomie nell’applicazione giurisprudenziale, in F. Modugno, Appunti per una teoria generale del diritto. La teoria del diritto oggettivo, Terza edizione, con il contributo di A Celotto, R. D’Alessio e M. Ruotolo, Giappichelli, Torino 2000, 195 e segg.

20) Canone, invero, in origine «elaborato per l’esegesi delle sentenze comuni», vedi E Lamarque, Il «seguito» delle sentenze manipolative della Corte costituzionale presso i giudici comuni, in «Effettività» e «seguito» delle tecniche decisorie della Corte costituzionale, a cura di R. Bin, G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2006, 100.

21) F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, cit., 357.

22) Dopo la pronuncia della sentenza il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato le circolari nn. 37/2010 e 59/2010 (disponibili in www.istruzione.it). Vedi ora l’art. 9, comma 15, del D. L. 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica): «Per l’anno scolastico 2010/2011 è assicurato un contingente di docenti di sostegno pari a quello in attività di servizio d’insegnamento nell’organico di fatto dell’anno scolastico 2009/2010, fatta salva l’autorizzazione di posti di sostegno in deroga al predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravità, di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104». In giurisprudenza, da ultimo, Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, 8 settembre 2010, n. 2547 (in www.giustamm.it, 2010/9), che dalle statuizioni della Corte costituzionale trae conclusioni del tutto simili a quelle riscontrate nella sentenza del Consiglio di Stato in commento.

23) A. D’Andrea, Diritto all’istruzione e ruolo della Repubblica: qualche puntualizzazione di ordine costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.

24) V. Onida, Costituzione, valori sociali comuni, scuola, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.

25) Vedi ancora Corte cost. n. 215/1987.

26) F. Modugno, I «nuovi diritti» nella Giurisprudenza Costituzionale, cit., 73.

27) P. Leon, La produzione della ricchezza nazionale, in La Costituzione ha 60 anni: la qualità della vita sessant’anni dopo, Atti del Convegno di Ascoli Piceno, 14-15 marzo 2008, a cura di M. Ruotolo, Editoriale Scientifica, Napoli 2008, 275-276: «Superficialmente, i diritti costituzionali sono frenati dalle regole del bilancio pubblico […] Non vi è dubbio, tuttavia, che i diritti (di cittadinanza, sociali, collettivi) vengano, nella C., prima dei limiti finanziari alla loro stessa attuazione»; M. Colasanto, Conclusioni, in Lavoro e disabili tà. Disciplina normativa e percorsi di inserimento, a cura di F. Girelli, Editoriale Scientifica, Napoli 2010, 112: «L’economia […] tende a ridefinirsi con parametri, che non sono più quelli tradizionali, come il PIL, di tipo quantitativo. // Si parla, pensate un po’, di “economia della felicità”: gli economisti, in questa prospettiva, spiegano quanto sia importante la dimensione relazionale, il bene relazionale, rispetto ad una concezione esclusivamente materiale».

28) Vedi: http://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/news/articolo/lstp/335412/.

29) Vedi la interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03491, assegnata alla VII Commissione della Camera dei deputati, presentata dalla on. De Biasi, in Atti Camera, XVI Legislatura, Assemblea, Allegato B ai Resoconti, seduta n. 375 del 29 settembre 2010, 15907. Seppure, come nella nota precedente, si è voluto evitare di riportare per esteso le dichiarazioni in parola, semplicemente indicando un riferimento testuale ove poterle leggere, in questo caso non ci si può esimere dal ricordare che il “docente” in questione ha menzionato la Rupe Tarpea…

30) M. Colasanto, Conclusioni, cit., 113: «le differenze non sono riducibili come diseguaglianze; vanno accettate, anzi vanno valorizzate perché più noi ci rendiamo conto che le differenze sono importanti, per quel che richiamano anche in termini valoriali di rispetto e di importanza della persona, più la società in qualche modo diventa per così dire più umana. // Questo è il grande interrogativo che assilla i sociologi oggi: riuscire a immaginare relazioni sociali umane». La Costituzione «tracciò un disegno che appunto tendeva anche alla valorizzazione del cittadino, sia con la partecipazione alla vita collettiva di strati sociali fino allora rimasti ai margini, sia con la instaurazione di nuovi rapporti umani in ogni settore, mediante un equo bilanciamento di interessi contrapposti», così F. Santosuosso, Essenziali valori sociali e tutela costituzionale, in Giur. It., 1993, IV, 113.

31) Così, con particolare riferimento all’inserimento lavorativo, A. Contardi, Le persone con sindrome Down nel mercato del lavoro: un obiettivo possibile, in Lavoro e disabilità. Disciplina normativa e percorsi di inserimento, a cura di F. Girelli, Editoriale Scientifica, Napoli 2010, 100.

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