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Ci sono persone che hanno completato il ciclo vaccinale anti-Covid o che hanno contratto la malattia da SARS-COV-2 e sono guarite, le quali desiderano conoscere come ha lavorato il proprio sistema immunitario per proteggere sia dal contagio sia dalla malattia nel caso in cui il coronavirus, il killer dell’attuale pandemia, dovesse presentarsi una seconda volta. Grazie ad un test [I test della pandemia Video: Prima parteSeconda parte] detto sierologico verificare se la protezione c’è ed è efficace, si può.

È sufficiente un prelievo di sangue venoso, come quello al quale ci sottoponiamo per il controllo routinario dei nostri parametri vitali, per individuare la presenza di anticorpi specifici contro il SARS-COV-2. Come si comporta il sistema immunitario quando intercetta qualche cosa di estraneo nell’organismo? Il nostro sistema immunitario – organi, tessuti, cellule, molecole – è capace di riconoscere come “non-self” qualsiasi elemento che non appartiene al corpo ma all’ambiente esterno, cioè è estraneo all’organismo. Quando ciò avviene l’immunità si attiva mettendo in atto risposte e protagonisti secondo una precisa gerarchia difensiva.

Non siamo comunque totalmente in balìa dei patogeni, non siamo proprio del tutto senza difese; dunque, non è scontato che l’aggressione da parte di batteri, parassiti, virus, funghi etc. sia un successo per la loro sopravvivenza e la loro replicazione, poiché possiamo contare su vere e proprie barriere anatomiche e fisiologiche che rappresentano difese innate naturali che entrano in gioco nelle primissime fasi della risposta immunitaria.

Pensiamo alla cute; in un organismo divide l’ambiente interno da quello esterno, ciò che è dentro da ciò che è fuori. Se è una cute integra, senza graffi, ferite, quindi senza soluzioni di continuità ed è anche ben protetta da un velo di sebo, risulta praticamente impermeabile.

Pensiamo alle temperature corporee elevate, oppure a un valore di pH fortemente acido, sono senza alcun dubbio veri e propri impedimenti per l’esistenza in vita dei microrganismi.

Per fare un esempio di ambiente acido, anzi l’esempio per antonomasia, prendiamo il succo gastrico che è talmente acido che sono davvero pochissimi i patogeni che possono resistergli. Tra questi il più conosciuto è il batterio che provoca gastriti ed ulcerazioni dello stomaco e della prima parte dell’intestino tenue, il duodeno. Si tratta dello HELICOBACTER PYLORI. Si potrebbe dire che è un microrganismo geniale poiché si è evoluto in modo da vivere egregiamente nell’ambiente acido dello stomaco mediante due veri e propri espedienti. Helicobacter ha questo nome poiché ha una conformazione ad elica grazie alla quale, dopo aver attraversato lo spesso strato mucoso superficiale delle pareti gastriche, raggiunge e si àncora allo strato di tessuto mucoso sottostante dove l’acidità è minore.

Ma c’è un’altra ragione al suo adattamento all’ambiente gastrico, il batterio produce la proteina UREASI, un enzima che agisce sull’urea che l’helicobacter, attraverso un suo apposito canale, assume dall’ambiente e che rapidamente viene scissa dall’ureasi in CO2 = anidride carbonica ed NH3 = ammoniaca. CO2 ed NH3 sono molecole alcaline e dunque, come tali, sono in grado di attenuare l’acidità del succo gastrico.

Produciamo le lacrime che lavano i nostri occhi. Possiamo contare sull’azione battericida del LISOZIMA, un enzima che si trova abbondante nella saliva e in tutte le secrezioni biologiche, lacrime comprese, ed ha un effetto solvente sulla membrana dei batteri.

Della immunità innata fa parte anche l’IMMUNITÀ PASSIVA.

Fin dalla vita intrauterina e anche per qualche mese dopo la nascita, beneficiamo della immunità passiva nel senso che, attraverso la placenta, riceviamo gli anticorpi che la mamma ha sviluppato contro gli agenti dai quali è stata infettata oppure contro i quali è stata vaccinata (meglio ancora se nel corso della gravidanza). La protezione passiva è molto importante perché, dalla nascita fino al momento in cui è possibile ricevere i vaccini, c’è un intervallo di circa 90 giorni nel quale il neonato sarebbe privo di difese. È anche molto raccomandato che il neonato, ove possibile, venga nutrito con latte materno, per natura ricco di anticorpi.

Abbiamo finora esaminato l’immunità innata che rappresenta la prima linea di difesa ma è aspecifica sebbene rapida ed efficace. A questa fa seguito una reazione immunitaria meno rapida ma più potente e soprattutto specifica, cioè mirata su quello specifico agente esterno, la RISPOSTA IMMUNITARIA ADATTATIVA detta anche ADATTIVA.

Come già detto, qualsiasi elemento esterno può essere riconosciuto come tale e di conseguenza verrà attaccato con precisione elevatissima e così eliminato prima di far danno.

La reazione è effetto di un network di cellule, tessuti, organi e molecole che lavorano insieme per difendere l’integrità dell’organismo di cui fanno parte.

Compito della risposta innata è anche l’avvio della risposta adattiva nella quale i protagonisti sono cellule diverse che però appartengono tutte alla famiglia dei LEUCOCITI, cioè i globuli bianchi del sangue. Tra i leucociti i LINFOCITI vengono considerati i precursori delle cellule immunitarie. Si suddividono in due gruppi: linfociti B e linfociti T.

LINFOCITI B. La B viene dall’inglese Bone Marrow: Bone = osso e Marrow = midollo. Infatti, nascono e maturano nel midollo osseo, un tessuto molle che occupa l’interno cavo delle ossa e genera i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine, ovvero gli elementi figurati del sangue.

Se i linfociti B vengono in contatto con antigeni si attivano, si ingrandiscono e diventano PLASMACELLULE che iniziano a dividersi ripetutamente e formano un CLONE, cioè una linea di cellule tutte identiche che producono, a loro volta, un solo tipo di anticorpo. Ne risulta un numero considerevole di anticorpi, tutti uguali, specifici per un solo patogeno, gli anticorpi monoclonali.

L’organismo infatti è capace di produrre anticorpi specifici per ciascun antigene con il quale viene in contatto, dunque avremo più cloni costituiti da anticorpi diversi ma specifici per ogni patogeno. Contro le infezioni da virus come il Sars-CoV-2 della attuale pandemia sono molto attivi gli ANTICORPI NEUTRALIZZANTI. Si tratta di proteine del tipo IGG, cioè immunoglobuline di tipo G (globuline perché hanno forma rotondeggiante) che si legano alle spike del CoV-2 riconosciute come estranee e pericolose, dunque come antigeni, e così neutralizzando le spike annientano la capacità del virus di entrare nelle cellule sane, uccidendole dopo aver utilizzato le loro fonti energetiche per replicarsi. Grazie agli anticorpi il virus non entra, e non può generare la terribile malattia che può anche portare a morte.

I linfociti B e i loro anticorpi sono i protagonisti della IMMUNITÀ UMORALE mediata cioè da molecole, gli anticorpi, che si trovano nel sangue, nel latte materno, nelle secrezioni biologiche.

LINFOCITI T. T è la prima lettera della parola Timo. Il Timo è una ghiandola endocrina del torace, posta davanti alla trachea. Produce ormoni che stimolano la maturazione dei linfociti T che vengono generati nel midollo osseo come i linfociti B, ma successivamente si trasferiscono nel Timo durante la vita intrauterina.

L’attività del Timo, dallo stadio fetale fino alla pubertà, è molto intensa non soltanto come organo del sistema immunitario ma anche come ghiandola che stimola l’accrescimento del corpo e lo sviluppo sessuale. Negli anni della pubertà, per effetto degli ormoni sessuali, la ghiandola va incontro ad un processo di involuzione con la progressiva e quasi completa sostituzione del tessuto ghiandolare con tessuto adiposo.

I linfociti sono i protagonisti della cosiddetta IMMUNITÀ CELLULO-MEDIATA si attivano e producono citochine, molecole con proprietà tossiche, anticorpi specifici e linfociti natural killer (NK) capaci di uccidere patogeni già entrati nelle cellule.

Contro il Sars-CoV-2 entrano in gioco linfociti NK, citochine e anticorpi specifici fornendo la massima protezione possibile.

Questa è la risposta protettiva e duratura che si vuole ottenere con i vaccini.

LINFOCITI-MEMORIA. I linfociti B hanno vita abbastanza breve, solo qualche giorno, mentre i linfociti T sopravvivono diversi mesi o addirittura anni. Una quota sia di tipi B come di tipi T rimane in vita a lungo, si tratta dei LINFOCITI MEMORIA così chiamati perché memorizzano il contatto con un microrganismo che ha causato una malattia. Il ricordo che conservano non svanisce rapidamente, viene conservato per lungo tempo e se quel microrganismo dovesse ripresentarsi per attaccare nuovamente, verrà immediatamente intercettato da questa popolazione di linfociti e annientato dai loro anticorpi specifici proteggendo così dalla malattia che avrebbe provocato. Questo processo è identico a quello avviato dal vaccino anti-Covid che non solo stimola la produzione di linfociti ed anticorpi, ma consente la “memoria” di una prima esposizione ad un agente infettivo e quindi una protezione più duratura.

La resistenza intensa e rapida ad infettarsi per la seconda volta rispecchia infatti la condizione immunitaria riconducibile agli speciali linfociti B e T della memoria verosimilmente dotati di maggiore sensibilità agli antigeni rispetto agli altri linfociti.

La protezione dall’espressione grave della malattia da Sars-CoV-2 si ottiene con la vaccinazione ma anche dopo essere guariti dalla malattia.

Dopo un arco di tempo (6-8 mesi) dalla guarigione o dal completamento del ciclo vaccinale, la protezione anticorpale tende a diminuire, pertanto si è deciso di somministrare in ambedue i casi una dose complementare di vaccino, un richiamo di che viene anche definito booster,parola inglese che significa rinforzo, sostegno. Questa dose di richiamo attiverà la produzione di anticorpi specifici e sarà importante poiché fornirà una elevata protezione anche contro le varianti del coronavirus e i suoi sottotipi, che rendono il virus particolarmente contagioso. È anche emerso che la dose booster risulta più efficace se viene utilizzato un vaccino ottenuto con una tecnologia differente rispetto ai vaccini precedenti.

* Professoressa, facoltà di Medicina Università di Roma “La Sapienza”

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