Dall’inizio della pandemia, due anni fa, è risaputo che il turismo sia uno dei settori più colpiti. Eppure, nonostante una perdita di miliardi sui guadagni e una crisi tutt’altro che superata, le associazioni di settore (Astoi, Fiavet, Fto, Maavi, Assoviaggi, Aidit) ancora oggi denunciano uno scarso intervento da parte del governo nel predisporre aiuti economici e agevolazioni per garantire una, benché minima, ripresa.

Infatti, a inizio dicembre, i presidenti di tali associazioni hanno richiamato l’attenzione sull’urgente necessità di assicurare agli operatori un sostegno finanziario almeno fino a giugno 2022, con strumenti quali un fondo perduto, una cassa integrazione Covid e una tax credit affitti.

Oltre a questi sussidi, utili ad arginare la disoccupazione di migliaia di persone (sono a rischio 86.000 posti di lavoro), sarebbe decisivo stimolare una riapertura, certo razionale e protetta, dei flussi turistici e della libertà di movimento. Infatti, il più grande ostacolo per il turismo resta la chiusura dei confini a intermittenza e il divieto agli italiani di raggiungere, per motivi turistici, Paesi in realtà sicuri dal punto di vista sanitario e, quindi, già aperti al resto del mondo.

Pensare al turismo non significa soltanto valutare le esigenze di agenzie viaggi e tour operator attivi sul territorio nazionale, ma anche riconoscere l’Italia, con le sue principali destinazioni culturali, balneari, montane e gastronomiche, quale luogo di estremo fascino e attrattiva per i turisti stranieri.

Per inquadrare bene la condizione che ha caratterizzato il turismo italiano negli ultimi due anni, bisogna anche considerare che fino al 2019 il settore viaggi si è dimostrato in crescita, cardine del PIL nazionale e volano di occupazione.

Esattamente nel 2019 l’Italia emergeva come il quinto paese più visitato al mondo dagli stranieri e, insieme alla Cina, come il paese con maggiori siti, ben 55, riconosciuti patrimoni dell’umanità dall’UNESCO (nel 2021 i siti sono diventati 58 e l’Italia mantiene il primato da sola superando anche la Cina).

Forse solo analizzando l’impatto che la mancanza di turisti può avere sulle nostre località potremo intuire veramente il peso della perdita che sta gravando su tutti noi. In questo momento così delicato appare inconcludente continuare a ragionare per compartimenti stagni e ritenere i viaggi una categoria a sé stante e non essenziale, ma soprattutto si rivela necessario agire anche sul lungo termine, adottando misure che possano guidare alla fine dello stato di emergenza.

Negli ultimi mesi, già alcuni Paesi come la Spagna e il Regno Unito, hanno stabilito una sorta di normalità tentando di affrontare la pandemia con mezzi e parametri non più emergenziali, ovviamente senza minimizzarne l’impatto. Questa decisione influisce anche sul flusso di turisti stranieri e sul loro ingresso con più facilità entro i confini.

Sicuramente un altro requisito importante per stimolare un nuovo spostamento di viaggiatori all’interno della nostra nazione e, in generale, in Europa sarebbe quello di poter presentare al resto del mondo un quadro sanitario il più accurato possibile e in costante potenziamento, oltre che provvedimenti collettivi capaci di fare chiarezza sulle norme relative ai viaggi e al rientro nella propria nazione di provenienza.

In questo momento, purtroppo, le informazioni sono approssimative, talvolta equivoche, difficili da reperire e sottoposte a continue revisioni. Tra restrizioni volubili, ordinanze settimanali, Paesi soggetti a misure speciali, corridoi covid-free, isolamento fiduciario, tamponi antigenici rapidi o molecolari, vaccinazione e green pass, è davvero difficile pensare di viaggiare in serenità e sicurezza, con informazioni chiare.  

La Commissione Europea già dallo scorso anno ha proposto una linea comune di intervento, sostenendo, ad esempio, l’introduzione di un certificato verde digitale e di una nuova agenzia europea per il turismo nel tentativo di rinnovare la fiducia dei viaggiatori. Tuttavia, sembra che per affrontare il 2022 non basti speculare su un nuovo clima di fiducia o sulla speranza di tornare a dati pre-covid. L’attenzione va fissata sul cambiamento e sulla capacità di rinnovamento; la pandemia ha indubbiamente segnato la nostra possibilità di viaggiare, ma ha anche offerto l’opportunità di ristabilire un equilibrio di intenti e una ripresa sostenibile del turismo.

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