Il Palcoscenico della legalità è un progetto rivolto alle scuole che utilizza il teatro per raccontare mafia e antimafia, mettendo in rete associazioni e competenze distribuite su tutto il territorio nazionale.
Nasce a Napoli, nel 2011, da una mia idea. Lavoravo al Teatro San Carlo, dove curavo la parte di stagione teatrale dedicata alle scuole, quando mi sono accorta che l’offerta educational si rivolgeva quasi esclusivamente ai bambini delle elementari. Ho avvertito l’assenza di una drammaturgia contemporanea che raccontasse ai ragazzi delle medie e dei licei il mondo reale e, nel caso specifico, la Campania con i suoi problemi e le sue speranze. Per colmare la lacuna occorreva scovare e scegliere delle storie da raccontare. É stato fondamentale l’incontro con Paolo Siani, fratello di Giancarlo, giornalista ucciso dalla camorra, allora presidente della Fondazione Polis. Attraverso lui ho conosciuto il mondo dei familiari delle vittime innocenti di camorra. Poi sono entrata in contatto con le associazioni che costruiscono progetti di lavoro e accoglienza sulle terre confiscate alle mafie.
La memoria delle vittime innocenti e l’energia delle esperienze di riscatto costituiscono gli ingredienti su cui germoglia il progetto, che prende vita attraverso la realizzazione della prima versione dello spettacolo Dieci storie proprio così, scritto insieme ad Emanuela Giordano, che ne firma anche la regia. Si tratta di un’opera-dibattito sulla legalità, che muove dalla volontà di fare conoscere ai ragazzi, con un linguaggio capace di arrivare alla testa e al cuore, storie in gran parte sconosciute.
È l’inizio. Dopo il primo spettacolo l’esperienza viene replicata in Sicilia, con l’ingresso di nuove storie nella drammaturgia. Da quel momento il progetto intraprende un viaggio mai più̀ interrotto che, dopo aver attraversato le terre a tradizionale presenza mafiosa, si dirige verso nord, fino all’Emilia Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia, il Lazio, la Toscana, il Piemonte e l’Umbria. Dal 2011 al 2020 il progetto ha incontrato e messo in scena sessanta storie di mafia e antimafia, il più delle volte non note al grande pubblico.
Quando ho iniziato, non conoscevo questa realtà però mi sono subito accorta che l’antimafia rivolta alle scuole mancava di una riflessione comune, condivisa, tra tutti i soggetti impegnati in questo settore. Perciò ho pensato a un progetto inclusivo, al cui interno ognuno faccia la propria parte per costruire un’esperienza duratura, che non si esaurisca nella celebrazione di un momento. Il teatro è perfetto per questo scopo poiché si rivolge alla comunità, ed è esso stesso momento di comunità.
Il progetto Palcoscenico della legalità utilizza il teatro come momento di sintesi, come strumento attraverso cui stimolare il pubblico di ragazzi a riflettere e ragionare su esperienze differenti. Ci sono magistrati, politici, attivisti, studiosi che hanno un bagaglio di storia enorme, ma che non fanno il mestiere del comunicatore. A volte sono efficacissimi, ma non sempre, perché́ hanno un tempo di racconto diverso da quello offerto dal teatro.
Il teatro è in grado di offrire in un’ora le coordinate di un problema, le lotte e le battaglie perse e vinte, le ambiguità e le riflessioni, cosa che non sempre è possibile nei luoghi del dibattito pubblico o politico. Inoltre il teatro è un luogo del buio, in cui si è in qualche misura costretti a stare attenti. In quanti oggi ascoltano veramente un incontro pubblico? Il teatro costringe i ragazzi all’ascolto, anche attraverso la sua sacralità.
A ognuno il suo. Il progetto mette in campo tutte le potenzialità̀ del teatro ma, al contempo, si avvale di una rete di soggetti che mettono al servizio dell’iniziativa conoscenze e competenze maturate in altri ambiti professionali. A oggi il Palcoscenico della legalità̀ condensa le esperienze delle principali associazioni antimafia e le riflessioni maturate dai gruppi di ricerca sul crimine organizzato delle Università̀ degli studi di Milano e di Torino. I saperi esperti sono interpellati per la ricerca delle storie, la stesura del copione – che varia di stagione in stagione – e per la realizzazione dei laboratori nelle scuole.
Il progetto prevede infatti un percorso formativo che coinvolge sia docenti che studenti. Un primo incontro è destinato agli insegnanti, mentre i tre successivi sono rivolti agli studenti e sono tenuti dagli attori insieme agli operatori delle associazioni partner o ai ricercatori universitari. Nel primo laboratorio sono affrontati in classe i temi della criminalità̀ organizzata e dell’impegno civile attraverso pratiche pedagogiche e di gioco collettivo. Quindi le scuole assistono allo spettacolo, cui segue un dibattito in sala con gli attori e i protagonisti delle storie raccontate. Infine è previsto un ultimo incontro in classe, in cui sono raccolti i feedback dei ragazzi e sviluppato un focus sulla realtà̀ territoriale di riferimento. Il linguaggio e le tecniche teatrali sono utilizzati come strumento per sperimentare il lavoro di squadra, per ragionare sulle responsabilità̀ individuali e collettive rispetto al riprodursi del fenomeno mafioso, per tematizzare la possibilità di scegliere una propria posizione nel mondo.
Il teatro è un grande strumento educativo, i ragazzi hanno una percezione molto angolare e ristretta della realtà. Gli strumenti di esercitazione teatrale, che si usano da tanti anni in tutto il mondo, attraverso i giochi e una comunicazione alternativa alla lezione frontale, attivando stimoli mentali e muscolari, mettono gli alunni nella condizione di guardarsi negli occhi, di reagire ed essere pronti. Noi cerchiamo di provocarli, di capire cosa sanno, e soprattutto di parlare con loro delle conseguenze che il problema mafia comporta alle loro vite.
Dal 2012 ad oggi il progetto ha coinvolto 60 mila studenti nella visione dello spettacolo, 900 classi nei laboratori e 30 ragazzi nelle carceri, all’interno di un piano di formazione sui mestieri del teatro attivato presso gli istituti penitenziari minorili Airola (Benevento) e Malaspina (Palermo). Nel carcere i detenuti hanno partecipato anche a un laboratorio di drammaturgia, che all’interno dell’IPM di Airola ha portato alla scrittura dello spettacolo teatrale Aspettando il tempo che passa, una sorta di favola contemporanea per piccoli e per grandi che parla di infanzia, adolescenza, smarrimento, povertà̀, ignoranza, falsi miti e voglia di un futuro degno di questo nome. Abbiamo raccontato tutto questo nel nostro primo documentario Dieci Storie proprio così, qui di seguito insieme ad altri link sul nostro progetto:
Raiplay – Speciale Tg1 – Dieci storie proprio così
Promo progetto:
Pagina web dedicata al progetto (percorso nelle scuole, spettacolo e lavoro nelle carceri): https://www.theco2.org/ilpacoscenicodellalegalita/
Estratto di una storia presentata presso la sede ONU di Vienna nel 2019:
Promo dello Spettacolo: https://vimeo.com/268628862 – password: TerzoAtto
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