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Il 2020 ci ha costretti a rimodulare le nostre abitudini e a interrogarci sulla nostra vita.

Sono trascorsi tre anni da quando l’allora capo del governo, Giuseppe Conte, il 9 marzo 2020 annunciò la chiusura totale di numerose attività: negozi, scuole, uffici, attività di ristorazione, centri ludico-ricreativi. Solo l’inizio di una lunga serie di necessarie e amare restrizioni che hanno stravolto la vita degli italiani, e non solo, a causa della pandemia da sars-cov-2. Una pandemia, non dobbiamo mai dimenticarlo, che ha generato morte, dolore, ingiustizie, fallimenti.

Non solo chiusure forzate, ma anche progetti sfumati, cambiamenti radicali che abbiamo dovuto fronteggiare, costretti in tanti casi a fare i conti con noi stessi, con la noia e la solitudine, spesso con nuove o già esistenti pure.

Chi siamo? Chi vogliamo essere? Cosa conta realmente? Chi siamo stati finora? Queste sono solo alcune delle domande dalle quali, a partire da quel momento, non si è più potuto sfuggire.

Eppure, già in epoca moderna, Blaise Pascal, filosofo, matematico, fisico, filosofo e teologo francese vissuto nel XVII secolo, ha parlato di fuga dalle domande di senso.

Secondo il filosofo di Clermont, il problema del senso della vita è l’interrogativo che più assilla gli esseri umani, che fanno di tutto per sottrarvisi rifugiandosi nel divertissement ovvero nell’oblio e nello stordimento di sé attraverso le occupazioni quotidiane: «Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa, dal non sapere starsene in pace, in una camera» («Pensieri», n. 126).

Pascal, già allora, comprese che l’uomo dovrebbe accettare la propria natura caratterizzata da una condizione di medietà, in bilico tra miseria e grandezza, tra “accontentarsi” e desiderio.

Tutto ciò che è accaduto negli ultimi tre anni dovrebbe farci riflettere su quanto talvolta la fuga dagli interrogativi fondamentali non possa essere eterna e su come gli eventi imprevedibili della vita, prima o poi, ci portino inevitabilmente a fare i conti con essa. Sembra una banalità dirlo, ma è proprio così.

Oggi, attraverso una rilettura della filosofia di Pascal, possiamo ricavare gli argomenti necessari per analizzare la realtà, i fatti vissuti in prima persona come quelli sociali degli ultimi tre anni, per superare (o provare a superare) quella paura del sé, restituendo così valore sia al tempo che alla vita. E forse tornare a credere nel progresso.

© Sintesi Dialettica – riproduzione riservata

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