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Si annunciano novità nella scuola. I provvedimenti governativi in esame si focalizzano su tre temi: merito, disciplina, professionalità. Data la loro importanza, occorre discuterne.

Della parola “merito” si fregia, ora, la stessa denominazione del ministero dell’Istruzione. Ma quale valore attribuiamo al merito e quale funzione assegniamo ad esso?

Promozione del merito significa valorizzare le capacità personali. Proprio per questo è responsabilità del singolo coltivarle, così come è proprio della società riconoscerle. Insomma, il merito si forma e va messo a disposizione. D’altro canto, non tutte le capacità hanno uguale importanza, altrimenti avremmo un appiattimento, di questo l’individuo deve avere consapevolezza. La cultura del merito presuppone la capacità di valutare se stessi e la scuola deve infondere questa disposizione. Su queste basi si potranno far emergere le potenzialità di ciascuno e metterle a frutto. In questo senso, la “meritocrazia” non gerarchizza, non discrimina, non penalizza, bensì orienta e indirizza. La finalità ultima del riconoscimento del merito è quella di far incontrare le aspirazioni dei singoli con le esigenze della società, con reciproco beneficio.

Il merito è strettamente legato alla disciplina. L’autovalutazione, di cui sopra, corrisponde all’autodisciplina, la quale non è altro che: sapersi misurare; saper misurare; saper commisurare (se stessi e il contesto ambientale). Oggi, nella scuola il senso della misura si è largamente smarrito, pertanto sono necessari interventi correttivi, anche sanzionatori. Le proposte del governo sul voto in condotta andrebbero in questa direzione. Il loro spirito deve consistere nell’educazione al rispetto delle regole, la prima forma di consuetudine con la cultura della legalità. La disciplina, del resto, è propedeutica all’apprendimento, il quale richiede impegno, cosa che, come scrive Gramsci, significa «costringere se stesso a privazioni e limitazioni». Quindi, disciplina che prelude all’autodisciplina e all’autonomia personale, congiunta all’impegno; non vi è migliore azione formativa dei cittadini. Per quanto riguarda la professionalità, il ministero propone, per gli istituti tecnici e professionali, la sperimentazione del modello 4 + 2, un sistema simile a quello adottato per le università (dimostratosi, però, fallimentare). Ma migliorare la professionalità della scuola è, senz’altro, necessario. Una scuola meglio raccordata al mercato del lavoro ne accresce la credibilità, perché uno dei motivi del disimpegno degli studenti consiste proprio nella convinzione che la scuola non serva. Sfatiamo questo pregiudizio e formiamo veri professionisti, dotati di competenze e di etica professionale, dediti al loro compito, forniti di una visione generale della società, tale da renderli atti a porsi come ceto dirigente.

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