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Kamal Ramzi è un ragazzo nato e cresciuto a Bni Oukil, cittadina rurale del Marocco. Dal 2021 vive a Gubbio, dove frequenta il quarto anno presso l’Istituto Superiore Cassata-Gattapone. Kamal ha vent’anni e gli occhi grandi come quelli di un bambino. Occhi attenti, curiosi, occhi che sanno meravigliarsi e commuoversi. Ad aspettarlo in Italia c’era suo padre, ad alimentare la sua speranza c’era la “carta gialla”, il reddito di cittadinanza. Un uomo di sessant’anni e suo figlio, la sete di cultura, il dolore nel cuore per aver lasciato la terra madre, la nostalgia per le due sorelline di dieci e diciassette anni, rimaste con la mamma in Marocco. La scadenza del permesso di soggiorno che si avvicina, la speranza di arrivare un giorno a considerare casa l’Italia. Kamal ha svolto il tema L’esilio: pena o punizione? In lingua araba per poi tradurlo con l’ausilio di Google. Ha saputo cogliere l’opportunità per parlarci di lui, della sua “maledizione” e dei suoi desideri. E la penna rossa della professoressa si arrende alla correzione, e le griglie di valutazione non sono mai sembrate così povere.

“L’esilio: pena o punizione?”

Quando ho salutato la mia famiglia, non sapevo molto di dove sarei andato. Mi domandavo: Sto andando a fare un viaggio o la vita vuole portarmi in esilio?

Cos’è l’esilio.

L’esilio può essere volontario, così come la persona determinata a lascare unilateralmente la propria patria. O forzato, quando fattori esterni esercitano pressioni o costringono una persona a lasciare il paese in cui vive.

L’inizio è un trucco, la fine è una lezione.

Siamo tutti ingannati dagli inizi, che non sa nulla del posto in cui andrai, pensi che la tua vita cambierà in meglio, ma questa è solo un’illusione. Quando mancava solo un giorno per partire, non so se fosse gioia o tristezza, felice perché lasciavo la patria e triste perché abbandonavo mia madre, il cuore tenero che non me lo ha permesso affogare nell’oscurità. La sera, quando mi appresto ad andare in esilio, e saluto la mia famiglia e mia madre che avevo abbracciato, come se fosse il mio ultimo giorno di vita, vedo le lacrime uscire dai suoi occhi con sorriso. Non volevo piangere davanti a lei in modo che sapesse che sono diventato un uomo e potevo contare su me stesso, ma in realtà non sono niente senza di lei, ho baciato la testa e sono salito in macchina senza voltarmi indietro. Due ore di macchina per raggiugere l’aeroporto. Per arrivarci abbiamo seguito tutte le procedure e le precauzioni prima di salire sull’aereo. Le sei della mattina del 26 giugno 2021, il momento dell’addio, il momento in cui la mia vita verrà stravolta.  Quattro ore in aereo, sono stato fortunato a viaggiare vicino al finestrino, ho visto il mondo dall’alto queste cose meravigliose, e quanto sono piccoli e indifesi gli esseri umani di fronte alla natura, e quella disposizione indica che c’è un Creatore, come cambia il clima, l’alba, e il grano che vira dal verde al giallo, e quanta acqua ha bisogno per germogliare e quanto sole ha bisogno per maturare e quei vermi che stanno sulla terra e i passeri che mangiare i vermi per mantenere un equilibrio, tutto è connesso tra loro. Il momento del delirio o il momento dell’entrata in esilio, quando l’aereo è atterrato all’aeroporto di bologna alle 10,26 ricordo tutto come mi è successo ora che non dimenticherò mai quel brivido che mi ha colpito quando ho fatto il primo passo in questa terra e quanto è maledetta con il tempo saprò che quella maledizione che mi ha colpito tutti i marocchini, non da soli anche tutti gli sfollati. Questa terra ama i suoi figli e noi non siamo altro che un peso per lei, rende ti senti sempre stanco e non hai tempo per niente, non ci ama veramente.

La prima cosa che ho fatto quando sono entrato qui è stata che un poliziotto ha chiesto a mio padre. Ha detto che vuole fare tuo figlio ha detto che vuole studiare. Ed è mio padre quello che determinerà cosa voglio fare? Non solo io, ma ognuno è un bambino prima di nascere che determina il suo futuro. Non voglio diventare uno stupido come molte persone. Nella mia mente mi sento come un re, voglio fare la mia strada.

La mia storia non è ancora iniziata e non è ancora finita…   

(Kamal Ramzi)

© Sintesi Dialettica – riproduzione riservata

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