Il volume I bugiardi del clima non è soltanto la storia «di una guerra d’informazione tenuta in vita da decenni, promossa e combattuta a pieno regime dall’industria dei combustibili fossili».
L’autrice, Stella Levantesi, basandosi su dati incontrovertibili, apre il saggio con l’attività delle lobby negazioniste fin dall’inizio degli anni Settanta, quando gli studi di scienziati indipendenti cominciavano a prospettare un futuro a dir poco terrificante se non si fosse messo un freno all’attuale modello produttivo. Infatti, da questo punto di vista, il libro offre una panoramica decisamente esaustiva sull’organizzazione, gli ingenti finanziamenti da parte delle lobby petrolifere, i think tank, i gruppi di pressione, le piattaforme mediatiche, i gruppi di facciata e i falsi esperti, tesi ad una grande opera di insabbiamento dell’emergenza climatica. Insabbiamento reso possibile, sostanzialmente negando: nel migliore dei casi, ad esempio, affermando che il cambiamento climatico è soltanto una teoria; oppure non limitandosi a rimuovere la realtà, ma costruendone proprio una alternativa. Negazione, o negazionismo, che si ottiene con tutta una serie di tecniche di propaganda ed efficaci manovre di ingegneria comunicativa, molto ben esposte da Levantesi. Tra i tanti esempi, con il cosiddetto gaslighting («manipolazione psicologica violenta e subdola nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni con l’intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione»); con la strategia del cherry-picking, «selezione di dati, fatti, eventi o argomentazioni, che, se presi isolati, sfidano il consenso e ignorano il corpo di ricerca più ampio»; con il greenscamming, ovvero con la costituzione di associazioni ambientaliste fasulle; oppure ancora con la «colonizzazione del mondo accademico da parte dell’industria dei combustibili fossili», sintomo di un più ampio conflitto d’interesse che coinvolge professori universitari, anche di fama, ma spesso votati ad una sorta di tuttologia; peraltro, grazie alla diffusa ignoranza scientifica, in Italia sempre molto apprezzata soprattutto da chi è affetto da sindrome Dunning-Kruger. Conosciamo tutti, grazie ai social, le affermazioni di un anziano fisico che si è inventato esperto di climatologia e che è diventato il punto di riferimento di tutti coloro che non tollerano quei “comunisti” alla Greta Thunberg. Perché, in fondo, «nel mondo della post-verità ognuno è arbitro della verità: è l’individuo, o il gruppo a scegliere a quali fatti credere, indifferentemente se questi rispecchino la realtà o meno. Se la realtà, poi, è troppo difficile da affrontare o, al contrario, troppo noiosa, ci si sente liberi di plasmarla a proprio piacimento».
Ampio spazio viene dedicato all’uso frequentissimo del cosiddetto greenwashing, tra l’altro caratterizzato dalla pratica di scaricare le responsabilità dell’inquinamento esclusivamente sul singolo individuo, così da esonerare da ogni impegno le compagnie industriali.
Ma soprattutto «trasformare il cambiamento climatico in questione politica anziché scientifica permette alla macchina negazionista di sfruttare la polarizzazione pubblica del tema». Propaganda che, come ben sappiamo, trova il suo ventre molle soprattutto – ma non solo – negli ambienti ultraconservatori e sovranisti. Da questo punto di vista l’autrice non si è fatta scrupoli, oltre a citare le devastanti imprese di Bush Jr. e di Trump, anche a raccontarci i sovranisti di casa nostra, i quali (forse) ignorando che meteo e clima non sono la stessa cosa, ci hanno regalato delle spiritosaggini del tipo «Da quando hanno lanciato l’allarme del riscaldamento globale fa freddo, c’è la nebbia. Lo sto aspettando questo riscaldamento globale».
Questa diffusa idiosincrasia da parte della politica probabilmente è motivata dal fatto che «la crisi climatica è un problema di natura sistemica che necessita cambiamenti strutturali»; e quindi per un certo elettorato diventa più rassicurante parlare di patriottismo verde.
Tutto sommato, come degna sintesi di questo legame perverso tra interessi economici, ignoranza e negazionismo possiamo citare il celebre divulgatore scientifico e naturalista britannico David Attemborough: «abbiamo un ambiente finito – il pianeta. Chiunque creda che si possa avere una crescita infinita in un ambiente finito o è un pazzo o è un economista».
S. Levantesi, I bugiardi del clima. Potere, politica, psicologia di chi nega la crisi del secolo, Laterza, Roma 2021, pp. 256, € 18,00.
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