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Nel 2021, in Italia, 19 milioni di persone (il 37,8% della popolazione) hanno giocato legalmente a uno o più giochi. Un fenomeno di massa, il cui valore sociale percepito è quello di assecondare la voglia di giocare e di inseguire l’illusione di un facile arricchimento. A dirlo è il Rapporto Lottomatica-Censis sul gioco legale, in cui sono riportati i numeri che descrivono anche il valore economico del settore: 300 concessionari autorizzati dallo Stato, 3.200 imprese di gestione, 80.000 punti vendita. Una filiera che fa registrare 150.000 occupati, per un fatturato annuale di 14 miliardi di euro.

Basterebbero questi dati per far capire quanto sia cruciale per lo Stato assicurarsi un flusso di entrate erariali. Ma se gli interessi finanziari di natura economica sono noti e cospicui, gli stessi confliggono con la generazione di danni da gioco d’azzardo patologico, da cui derivano costi sociali effettivi ma spesso poco misurabili, perciò di entità presunta. A fronte di una penetrazione sociale progressiva, che coinvolge tanti giovani, e di un incremento nel tempo dei danni sociosanitari, l’attuale sistema di prevenzione appare inadeguato. Secondo il Censis, è prioritario combattere il costo sociale e umano delle patologie da gioco d’azzardo attraverso un sistema di prevenzione e riabilitazione integrato, sanitario e di comunità, molto personalizzato. L’ideale sarebbe «esplorare soluzioni in grado di individuare precocemente situazioni a rischio, sulle quali poi sviluppare strategie e interventi specifici, nel rispetto della privacy, per far compiere un salto di qualità nella costruzione di indicatori personalizzati». Ciò che non va fatto è vietare il gioco tout court, che potrebbe rivelarsi una pericolosa scorciatoia, non solo perché clandestinizza i giocatori compulsivi, lasciandoli soli di fronte ai problemi, ma anche perché spalancherebbe le porte al gioco illegale e clandestino.

I numeri confermano che l’argine al gioco illegale è molto fragile. La pandemia avrebbe confermato il nesso tra caduta del gioco legale (per via del blocco degli accessi nei punti vendita) e decollo di quello controllato dalla criminalità (1). Una conferma proviene dai dati sulle attività di contrasto: dall’inizio del 2020 sino ad aprile 2021, è stata scoperta una sala clandestina ogni tre giorni, per un totale di 145 inchieste condotte dalle forze dell’ordine; le persone denunciate sono state almeno 1.000, più del doppio rispetto al 2019. Il procuratore nazionale antimafia De Raho ha ricordato che «pur non esistendo stime ufficiali sulle quote di mercato del gioco pubblico sottratte dalla criminalità organizzata, ci sono operazioni che lasciano evidenze ben precise». «Le indagini – ha sottolineato De Raho – hanno evidenziato come le organizzazioni mafiose, ’ndranghetiste, camorriste si muovano per conquistare sempre più spazio, soprattutto nel gioco online» (2).

L’online si sta imponendo come fenomeno nuovo. Un vero e proprio boom. E così nel 2021 è stato proprio l’online a garantire ricchissimi affari, soprattutto perché la tassazione dell’online è molto inferiore a quella che colpisce la rete fisica. Il gioco a distanza ha registrato una raccolta di +12,8 miliardi rispetto all’anno precedente. Rispetto alla raccolta totale, la quota del gioco a distanza, in dieci anni, è salita dal 7% al 33% nel 2019, per poi decollare letteralmente al 56% nel 2020. Una crescita continua, che sembra inarrestabile, nonostante il divieto di pubblicità introdotto col decreto dignità del 2018. Un piatto molto ricco, che attira gli appetiti criminali. A fronte di questa crescita, una quota consistente è finita nelle tasche delle mafie. «Si può dire – scrive il Censis – che il gioco illegale si è preso la sua quota di giocatori che sono trasmigrati dal fisico all’online, fenomeno che attesta come la criminalità stia facendo un uso intenso della tecnologia». Le indagini indicano che i protagonisti del gioco illegale utilizzano vari sistemi di frode, con server o piattaforme illegali, situate fuori dai confini nazionali, e con opzioni che rendono difficili anche tecnicamente gli accertamenti. Un segnale che preoccupa, che lo Stato farebbe bene a non sottovalutare.

Gioco legale, gioco illegale, disturbi del gioco d’azzardo e relativi costi sanitari e sociali, devono tutti essere collocati nel loro contesto reale. La governance del gioco legale, che vede in campo diversi interessi, tra loro divergenti, non deve distogliere l’attenzione dei decisori politici dall’urgenza di mettere mano a un settore che necessita di interventi normativi.

Il settore soffre di un’impostazione, risalente al 2016, fatta di continue proroghe delle concessioni. Nel 2017 è stata siglata una intesa dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni (3) che sarebbe dovuta servire a un riordino generale del settore. Il ministero dell’Economia, competente sulla materia, non ha ancora tradotto quell’intesa in un apposito decreto ministeriale. Nel frattempo, molte concessioni sono scadute, ma sopravvivono grazie alle proroghe emergenziali, fino ad oggi fondamentalmente annuali, che rendono impossibile svolgere le gare. Il sottosegretario al MEF con delega ai giochi ha annunciato (4) che il governo starebbe lavorando a un nuovo sistema regolatorio e che la delega sarà presto all’esame del Consiglio dei ministri e quindi all’attenzione del parlamento. Al Senato, ad agosto 2021, si è insediata la Commissione parlamentare di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, con il compito di effettuare accertamenti sulle condizioni complessive del settore.

C’è consapevolezza che l’attuale sistema di regolazione è eterogeneo e frastagliato. Parte da competenze nazionali e arriva a competenze regionali e finanche comunali. Il tema della stratificazione normativa, poi, si intreccia con un sistema di prevenzione da ristudiare e di contrasto all’illegalità da potenziare. La letteratura dimostra (5) che per l’online è possibile incrementare indicatori del livello di rischio di sviluppo di dipendenze, a partire dai dati reali di gioco, elaborando opportuni algoritmi di intelligenza artificiale. Tramite questi ultimi sarebbe possibile, in tempo reale, verificati i rischi incombenti, attivare una interazione coi giocatori. Sono ipotesi su cui è bene lavorare, sperimentare, che muovono dalla consapevolezza che occorre isolare le forme patologiche di gioco, senza dover demonizzare la normale voglia di giocare.

Come già detto, il settore dei giochi presenta una complessità di fondo per cui sarebbe meglio evitare posizioni ideologiche. L’auspicio è che governo e parlamento, sulla base di evidenze e dati certi, siano in grado di individuare, quanto prima, gli strumenti legislativi più adatti a razionalizzare e implementare la disciplina vigente. L’intero settore dei giochi ha bisogno di posizioni assai diverse delle politiche pubbliche, in vista di una regolamentazione moderna e di un suo rilancio duraturo e sostenibile.


Note

  1. Secondo i dati presentati del Rapporto citato, nel 2019 il valore del gioco illegale era stimato in circa 12 miliardi, nel 2020 la stima sarebbe salita a 18 miliardi (+50%) e nel 2021, stante il persistere delle restrizioni, rischia di andare oltre i 20 miliardi di euro. 
  2. Cafiero de Raho: “Bisogna promuovere cultura gioco legale”, «La Repubblica», 20 ottobre 2021.
  3. Cfr. Conferenza Unificata del 07.09.2017 “Intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali concernenti le caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico”.
  4. Vds. Senato della Repubblica, Commissione parlamentare di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico – Audizione del Sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze del 4 novembre 2021.
  5. Cfr. Ministero della Salute, “Linee di azioni per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da gioco d’azzardo patologico”, a cura dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, dicembre 2017.

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